Esami di maturità: la ragazza che copia al Grassi e “non serve la polizia”

Esami di maturità: la ragazza che copia al Grassi e “non serve la polizia”

28 Giugno 2019 0 Di Lidano Grassucci

Premetto, odio le regole. Sto con i pellerossa, non con i lunghi coltelli. Con i cafoni non con i padroni. Con chi suda non con chi profuma, sto con ogni rivolta degli studenti e mai con l’ordine degli ipocriti.

La notizia della ragazza del liceo Grassi di Latina sorpresa a copiare con il telefonino durante la maturità, mi ha sconvolto. Non ho capito lo scandalo. Siamo in un mondo di ipocriti: chi non ha tentato di copiare all’esame di maturità? E’ dovere di ogni studente provarci, è dovere di ogni insegnante fargli capire che ha capito e la cosa finisce lì, dentro la scuola.

Dentro la scuola non deve entrare la polizia, non deve entrare la curiosità morbosa di certa stampa, la scuola è sacra nella bellezza della sua autonomia.

Avevamo nascosto il libro di matematica in bagno, avremmo attinto da lì la risposta al quesito teorico (ho fatto lo scientifico Grassi a Latina, lo stesso della ragazza, anno 1980) e almeno uno era fatto. Un mio collega, diciamo imbecille (non ha le mie simpatie neanche ora), uscì dal bagno sconvolto. Non capimmo, lì per lì, il perché, lo scopri il grande Augusto che andò nel bagno subito dopo e ne uscì imprecando. Il collega, traditore, che era entrato prima scoperto il libro, per paura di vedere gli esami sospesi, strappo le pagine del quesito teorico e le butto nel water.

Sì, avete capito bene, ci tradì tutti, ci mortificò tutti, dimostrò tutta la sua immaturità che è prima di tutto solidarietà con gli ultimi, che nello specifico gli ultimi eravamo noi, i suoi compagni di scuola.

All’uscita regolammo la situazione a male parole, lui farfugliava di regole, di prove a rischio, noi avevamo capito che non era un amico e Pietro Nenni diceva “se non sei rivoluzionario a 18 anni, a 40 sei confidente della polizia”. Io non confido neanche allo specchio.

Quindi? E’ dovere di ogni studente, dalla nascita di ogni forma di scuola, copiare, è dovere di ogni studente essere solidale, è dovere di ogni insegnante far capire ai ragazzi che “non sono più furbi” e che chi controlla sa. Si diventa adulti non nascondendo gli umani errori, non negando la possibilità di far quel che si puote, ma capendo che chi sta prima, gli insegnanti, lo hanno già fatto. Eugenio Finardi in una canzone dice: “non serve la polizia”, e chi moraleggia dovrebbe ricordare non giudicare. Io ho tentato di copiare il quesito teorico di matematica, ma fui vittima di una infamia, fummo vittima di una infamia.

Ecco una società non ipocrita non giudica, ma spiega. Poi, per un paio di lustri ho fatto l’insegnate, non ho mai accusato alcuno di copiare, gli facevo capire che sapevo, che lo avevo già fatto quando stavo al loro posto. L’educazione non è ipocrisia delle virtù, ma governo degli errori.

PS: la ragazza voleva anche passare il compito ad altri colleghi, che gli vuoi dire.

Nella foto Franti del Libro Cuore di De Amicis