L'”affogafiato”, quel caldo che fa solo nell’agro

L'”affogafiato”, quel caldo che fa solo nell’agro

8 Luglio 2019 0 Di Lidano Grassucci

“Affogafiato”, è la parola che usava mia nonna per descrivere quello stato di incredibile disagio che faceva l’afga. L’afa di questo posto è un caldo che scotta dentro una umidità che ti fa “bere” con il naso, ma acqua calda come sauna eterna. I romani amavano le terme e pensavano che questo era salute e tempo libero, ma stacci sempre. Questa è terra che pare partorisca zanzare dopo aver fatto l’amore con l’afa. Qui, col caldo, il tempo si ferma e… il respirare affoga, quando hanno bonificato con la prepotenza degli impotenti questo non lo hanno evitato. Questa è terra d’acqua, di porci, di rane non di uomini e si sente. Quelli che ci vivevano erano figure mitologiche: loro con il loro cavallo, come partoriti in due, la lunga “lancia” e per amico un cane anche più selvatico di loro.

Il fiato affoga qui, l’umido ti riempie i polmoni come se respirassi in mare. Nonna si fermava, faceva muovere l’aria con il gioco delle finestre, sapeva che era impossibile ogni cosa, che era tempo fermo. I contadini avevano la maglia di lana, per assorbire quell’acqua, ma si fermavano sotto un fico, a cercare le bolle d’acqua zolfa per cacciare zanzare e spiriti del male. Se venite qui, qui da basso e volete camminare, respirate, sappiate che qui non si può: questa non è terra di uomini, non è acqua per pesci, questo è un mondo di uomini rana, di rospi, di girini, è terra mutante, non vi fidate, non è la vostra, ha bisogno di branchie e di polmoni: posto di salamandre