Quel filo che lega il contadino al fagiolo, lessico per questi tempi persi

Quel filo che lega il contadino al fagiolo, lessico per questi tempi persi

9 Luglio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Mio nonno mi portò davanti ad una pianta di fagioli, era piccola persa in un campo gigante. Lui, era un vecchio contadino, che non è cittadino (colui che sta nella città) ma era uno “perso” per la piana, per la palude. Si avvicina alla pianta, si abbassa e mi fa abbassare. Prende la pianta con delicatezza per quanto lui era duro, tocca le foglie sollevandole con un dito, lo stelo sotto la foglia era candido, giovane. Le foglie erano di un verde intenso. Non parla, mi fa toccare con le mie dita. Sento quella vita bimba sulla mia pelle. Non dice parola, lo guardo e condividiamo gli occhi, perché quell’uomo vedeva in quella piantana di oggi, la fatica di domani nel difenderla da tutto, e il risultato di tutto? Sarebbe stata quella pianta generosa con lui di quanto oggi lui era protettivo con lei.

Giovane, la pianta, vecchie e sapienti le mani. Lui, mio nonno, si fidava di quella gioventù,, si fidava di quella scommessa sul domani. Il contadino, a differenza del cittadino, sa che se vuol mangiare domani deve non mangiare tutto oggi. Deve saper far di conto, un pezzo della fame di oggi è l’investimento per la meno fame di domani. La piantina mi guardava, non capiva se quel patto antico che legava mio nonno al nonno, come io ora a lui sarebbe continuato o morto per sempre. Sapeva che questi due uomini che si parlavano erano muti di un tempo che non era piu’ uguale.

I fagioli? Ma sarebbero arrivati polli grassi. I fagioli? Ma sarebbe stato tempo di maiale. I contadini sanno che tutto gli è contrario, tranne quella piantina. Sarebbe arrivato il secco, poi la rabbia del temporale, poi il caldo da soffocare, e il freddo da gelare. Mai il giusto per accontentare, poi la muffa, i pidocchi, l’uccello nel cielo e non era cantico delle creature, ma bestemmia di vivere. Tutto contro, tranne lui, il contadino che continua anche quando non c’è che il sogno di domani.

Mi alzo e andiamo via, abbiamo tolto l’erba intorno, le mani sono nere di terra, puzziamo di puzza. Impresentabili a qualsiasi Dio, ignobili per qualsiasi signore. Qui a combattere per un fagiolo. Sono un uomo e non racconterò a mio nipote di quella pianta, sono l’ultimo di una stirpe, ma continuerò a vedere in un fagiolo mille fagioli come quel Signore che vide in un pane mille pani, e in un pesce mille pesci. Miracoli di un altro mondo, ma non ditelo ai credenti qual è il vero miracolo, è quello dei contadini.