Gli albarunner e la corsa da Latina al mare

Gli albarunner e la corsa da Latina al mare

9 Luglio 2019 0 Di Antonella Andriollo

Gli albarunner colorano già alle prime luci del mattino la pista ciclabile di Latina. Sono quei runners che spinti dal caldo e dal solleone, puntano la sveglia sempre prima per uscire a correre col fresco. Prima dell’alba. Mentre la città coi suoi latinensi ancora russa.

“Ma veramente ti svegli alle 4 e mezza per andare a correre?” .

Si, veramente. Le reazioni di solito sono due. Chi li considera eroi, chi pazzi. Per l’albarunner il pazzo è chi resta nel letto. Chi perde ogni giorno l’occasione di gustare il risveglio del sole correndo.

La passione per la corsa lo spinge a rifarlo, ed ammirare alba dopo alba. Lei li aspetta lì, timidamente eccitata, nascosta dietro al Lago di Fogliano. I runners di mezzogiorno che si bollono il sangue su Via del Lido, vedono miraggi di fontanelle inesistenti ogni 500 metri, non incontreranno mai un albarunner. Ognuno pensa dell’altro, “ma come fa?”.

L’albarunner e la sua notte

L’albarunner è metodico, la sveglia impostata sul suo smartphone sempre alla stessa ora, gli ricorda quante poche ore ha per dormire. D’altronde correre in un momento diverso dall’alba è fuori discussione.

Fa caldo a Latina e l’estate si fa tardi, le cene fuori e le passeggiate in Piazza San Marco demoliscono il programma di marcia dell’albarunner. Accumulare un po’ di ore decenti di sonno per mantenere il passo la mattina dopo.

Si incontrano parecchi podisti in Via del Lido a quell’ora, sempre gli stessi.  Mica si può far beccare che corre a 6 al km perché è stanco.  Cerca di andare a dormire presto, ma la musica della sagra di paese e la Vespetta dello Street Food sotto casa mandano in fumo i suoi progetti di sonno. La sua notte  è fatta di una manciata di ore litigate con qualche zanzara. “Domani recupero”. E arriva l’inverno.

Post-it da albarunner

L’albarunner ha i suoi riti. Consumata di fretta la sua colazione, testata dopo anni e anni di corse affamate e assetate, si infila le scarpe ancora al buio, la casa è avvolta nel silenzio.

I lacci si annodano quasi da soli, come quegli uccellini che cuciono il vestito di Cenerentola. Gli uccelli non ci sono, c’è invece il solito saggio grillo parlante che gli sussurra

“ Ma chi te lo fa fare, torna a dormire”.

Non lo ascolta. L’abbigliamento tecnico è preparato sul divano dalla sera prima. In un attimo è pronto, è buio ed esce.

Tutti possono ammirare Latina al mattino. Solo un albarunner può gustarsi il sole che fa capolino mentre coi passi sudati falca la pista ciclabile verso il mare.  Si sente un eletto.

Lascia il solito messaggio sul tavolo da pranzo. Sempre lo stesso, scritto di fretta quella sua prima volta che si è scoperto un albarunner.  È su un foglio a quadretti piccoli, spiegazzato e pieno di ditate,  che riusa ogni giorno (ogni notte).

“ Sono andato a correre”.

Lo legge solo il grillo. Quando torna la casa ancora dorme, lo ripiega, per l’alba successiva.

Tappa fissa all’autolavaggio, la corsa parte da lì

L’albarunner sa già come e dove parcheggerà l’auto. All’autolavaggio di Via del Lido, a fianco alla Polo blu. Deve essere di un altro albarunner, affetto dalla sua stessa malattia. L’ho presa anche io, già da diversi anni. Certamente è un virus che si cronicizza, quando ti infetta resta annidato in maniera silente e non va più via.

Scende dall’auto, approccia un velocissimo stretching, è ancora tutto scuro, sente l’odore della notte. La strada deserta e vuota lo chiama.

L’umidità ha le solite percentuali da capogiro, già a quell’ora. Si scatta il solito selfie, imposta il Garmin che vibra, il GPS è pronto. Finalmente l’albarunner parte. Direzione Capo Portiere. Lì in quella piazzetta, ne incontro parecchi  intorno alla fontanella, come cammelli disidratati, due parole veloci.

“ Quanti kappa oggi? Come va la tendinite? Prossima gara quando? Ci si vede domani“

La paura di mamma e il tifo che vizia

D’estate vivo al mare, quindi salto il rito del parcheggio all’autolavaggio, ma il resto del decalogo ahimè è da patologia acuta da albarunner. Mia madre all’inizio era preoccupata.

“Anto correre a quell’ora è pericoloso, non c’è nessuno in giro.”

Lo dici tu mamma. Lo dici tu. È pieno di folli colorati e zuppi di endorfine come me. Attraverso la strada e sono in pista, passo dopo passo incontro i soliti atleti vestiti da evidenziatore e sudati comunque, nonostante l’ora. Di fronte allo stabilimento dell’Enel generalmente inizia il tifo.

Gli operatori ecologici, pure loro in divisa fluo, salutano sempre e incitano gli atleti senza sonno. Quando passo lì davanti in un altro orario rispetto al consueto, guardano l’orologio :

“ Stai in ritardo signorì ”

Il solito anziano in graziella e maglia a righe mi da il buongiorno, all’altezza del Miramare, viziandomi, con quella dolcezza e gentilezza di altri tempi. A volte mi viene da pensare che sono una albarunner solo perché amo i suoi buongiorni .

Scorci di cielo privati

Correre all’alba oltre che permettere a chi ha una vita stressante, irregolare e piena di impegni di allenarsi, è una opportunità per ammirare scorci di cielo quasi privati, contemplare tra il lago e il mare riflessioni che alle 8 del mattino al bar in centro non sarebbe possibile fare.

Un toccasana per la mente, che poi pare incantevole pure quel parcheggio grigio dell’autolavaggio dove si va a riprendere l’auto posteggiata.

L’albarunner lo riconosci anche in quel bar. A quell’ora ha un grande sorriso, una gran fame e un gran sonno.

Correre all’alba pure a Latina ha tutto un altro gusto. Un sapore che ti strega, passo dopo passo, quando dal buio della notte arrivi verso il lago di Fogliano e  un fucsia inaspettato  vira nei colori dell’arancione e del giallo.

La giornata corre veloce. Domani è una altra alba, da correre.