Il viaggio metropolitano nell’afa di luglio a Latina
18 Luglio 2019Questa è la cronaca di un viaggio, ma non ai tropici, non sulle vette del Cervino, ma un viaggio minimo dentro luglio in città. A luglio, se avete memorie contadine, l’erba è secca e spunta alta quella stupida, brutta e spinosa. Quella che i botanici disegnavano esotica ma era nelle campagne appena fuori Roma, o Parigi, appena finiva il grano. Piante spinose con fiori viola in letti di seccume e anche il gatto cerca l’ombra di un albero. Così è la campagna ma la città ha alberi di palazzi, ha il seccume dell’asfalto che fonde, Latina con le strade larghe è un campo a seccare, un signore anziano che è raro cammina piano se ne frega del sole, passo passo, soffre invece l’afa, la busta del fruttivendolo e rotoli di carta igienica sotto il braccio, mi guarda che avanziamo l’una verso l’altro piano e mi saluta “Buongiorno”, gli altri altrettanto radi passano per frette senza senso, sono una umanità palazzo che si fa muro all’altro umano. Lui mi ha salutato forse per pietà alla mia solitudine piuttosto che io compagnia al suo viaggio. Quelli in auto guardano diritti e prestano attenzione alle luci del semaforo, una signora di un negozio fuma fuori e guarda il vuoto che ha dentro. Si è vestita con attenzione, ma non ci sono attenti. Il resto è quel campo fuori Roma, fuori Parigi, fuori Latina, fuori contesto dove non c’è la vita verde, rigogliosa ma le piante spinose e brutte. Ecco, manca l’acqua che pe la città è la rete delle persone è la relazione. Cammino, camminano, ma non ci incamminiamo. Il viaggio finisce sono arrivato, ma non mi sono mai incontrato chiuso in questa apparente necessità di impegno ma sto diventando “spiccio” alla mia vita, come noi tutti, nessuno si senta escluso.
Il mio viaggio è stato esotico, non c’erano gli animatori, non c’erano anime da animare ma io e gli astanti eravamo piante secche spinose con qualche fiore viola.