I murales che hanno dato volto a Latina scopre la faccia

I murales che hanno dato volto a Latina scopre la faccia

18 Luglio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Beh, c’è una rivoluzioni in corso, mi giro e mi guardano. Vado diritto e mi guardano. Faccio finta di niente, faccio l’indifferente e mi guardano. Dio mio ma che succede, questa è la città dei muri muti in strade mute e di gente inventata e questi mi guardano con occhio umano. L’autolinea a Latina, quella vecchia, era l’unico punto vivo della città, qui si partiva per avventure, si arrivava per avventurarsi. Troppo viva, troppo democratica, troppo che puzzava di vita per una città irregimentata e hanno mandato in periferia quel movimento, meglio un calmo cimitero provvisorio per auto, una camera mortuaria.

Ma ora? Ora sul muro occhi umani, occhi che guardano vivi, che pare parlare, qui dove si poteva solo osannare, sono il consenso era previsto qui, non il dissenso: niente cupole, niente curve, tutti spigoli, tutto dritto. Eppure questi guardano, vi giuro pare avercela proprio con me. Passa un signore che evidenzia medesimo malumore, non siamo abituati all’umano che ora che c’è ci lascia basiti.

E’ il murales  “fotografico” in bianco e nero che raffigura Falcone e Borsellino, i loro occhi vivi verso una mafia che uccide. Ma qui, qui nella città del feticcio dei muri è la differenza, è umanizzare una città che dell’umano ha conosciuto poco per la follia “razionale” del totalitarismo del ‘900 ora? L’associazione Jaf e Rublanum  ha fatto realizzare a Cheone questa opera incredibile, questa umanizzazione della città, delle figure umane che sovrastano le pietre, i muri, che vivono, e gli occhi paiono fare quel che fanno gli occhi guardare. Una cosa rivoluzionaria, di una bellezza che non è estetismo, ma significato. Bello, lo ammetto e ammetto che non ci avevo pensato. Ora la mia città ha scoperto che le città sono cittadini, non architetture. Buona piccola bellezza

.Figo sto Cheope, come erano belli i murales dell’ex consorzio agrario dietro il teatro fatti dai ragazzi del liceo artistico di cui ora nessuno se ne cura.