Lettera assurda alla politica, fate uno Speakers’ Corner a Latina e ascoltate

Lettera assurda alla politica, fate uno Speakers’ Corner a Latina e ascoltate

23 Luglio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Esiste a Londra un angolo, lo Speakers’ Corner ad Hyde Park, che se sali su una cassetta e noi sei più sul suolo della regina, puoi dire ciò che vuoi. Dicono che in questo “gioco” ci sia il sale, l’anima, della democrazia. Parlano non i big, non i regnicoli, ma gli uomini liberi e gli altri ascoltano, si ascoltano. Ascoltano cercando di capire e non interrompono nel tempo dell’ascoltare.

Magari capita che ci salga un bimbo per raccontare del suo gatto con gli stivali, magari una signora sola che dice di amori lontani, o un reduce dalla guerra contro i boeri finita troppo tempo fa per esser vero.

Ci sono vecchi signori delle trade union, dei luddisti, degli anarchici che prendono appunti, che segnano quell’assurdità che poi, dicono, diventi libertà. Cose assurde come “pane e lavoro”, come “carte da giocare alla pari per i talenti”, come “pulire via torta che via ritta è smarrita”, come farsi burla di chi capisce non capendo un emerito niente. Come dire che il tempo perso è tempo nostro, il tempo del lavoro non è tempo di Dio infatti il sabato non lavorava il popolo eletto per devozione, ma il lavoro mi rende umano se utile al genere umano, come “servono libri che danno in culo al Re”.

Era assurdo quello che diceva uno con la barba: “proletari di tutto il mondo unitevi”, o quel prete che pensando a Dio diceva che era madre e non padre, o quel bimbo che era convinto che la luna fosse di panna. A Latina se fossi capo di qualche cosa non organizzerei spettacoli da circo, o chiacchiere ripetitive di saggi non sapienti, non leggerei i giornali ma ne farei coriandoli per una festa e ascolterei la sua musica.

Sapete è bello scrivere di fantastici serpenti secolari più reali dei musei irreali di Latina, scrivere di bestiario più che di quella bestia che è l’ambizione che non prevede l’emozione. Metterei una cassetta bella solida, che ci possano salire anche le donne con i tacchi, e poi prenderei una mezza sedia e sotto un ombra aspettando il vento di ponente starei a sentire, zitto. Alla fine della sera quando anche la cassetta ed il microfono zittiscono mi direi pronto a fare il sindaco, annunciando la speranza che domani ci sia un altro che mi copia. Immaginate che fighe autostrade di marzapane, mari con draghidroporto all’ex pontine della nucleare.

Ascolterei, semplicemente, perché non ho la soluzione ma tra la gente ci sono mille e mille visioni per cui vale la pena provare. La democrazia è nata così, la cassetta uno che ha da dire e gli altri ad ascoltare senza toccare il suolo della regina, nella libertà assoluta. Io farei così, ma mi spiegheranno che non si può e sarà tutto un poco più triste. Se proprio volete dire, cantate

Sapesse, mia cara che cosa mi ha detto
Un caro parente, dell’occupazione
Che quella gentaglia rinchiusa lì dentro
Di libero amore facea professione
Del resto, mia cara, di che si stupisce?
Anche l’operaio vuole il figlio dottore
E pensi che ambiente che può venir fuori
Non c’è più morale, contessa

La cantava Paolo Pietrangeli, si su una cassetta non è terra di re ma “cielo” di uomini. Se il vento fischiava ora fischia più forte.