Il treno dixit /12: Il Rediborgo

Il treno dixit /12: Il Rediborgo

24 Luglio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Arriva tardi l’assessore quanto il treno è giunto prima. Il presidente è mezzo addormentato, più che un viaggio a Roma è una ritirata di Russia e senza speranze. Fortuna che motodonna è in forma e spiega di giardini, di anime e di dolore. L’assessore capisce poco, ma cerca di inserirlo nel capitolo del buono, perché di buono abbiamo bisogno. Il presidente “confessa” che ha studiato con i gesuiti, l’assessore ha laiche pulsioni, io resto di anticlericali convinzioni arrivando dal paese di 1000 chiese, di papi re, e di preghiere che erano esose rispetto alla speranza. L’assessore sta già alla festa del borgo con la testa e spiega che il carpaccio di cocomero sarà gurmet ma è una cagata pazzesca, i cocomeri del Carso vanno tagliati doppi e gustati sporcandosi la faccia nei due lati della bocca- Motodonna ha preso il comando, è il vero capo tra dna e imprinting. E visto che lei deve andare a Cesano l’assessore spiega tutto sui due binari est di Termini “sono esterni, ci parte un treno per Assisi alle 7.45, ci ho accompagnato tante suore e pellegrini che non trovavano il binario”.

Il presidente prende la palla al balzo: “andiano ad Assisi”. Propone un pellegrinaggio, motodonna sorride sa del privilegio di stare su queste colonne, unica donna, l’assessore “ma andiamo a cena da noi”.

Lo guardo: “però non è caso che cambiate nome al Carso, chiamatelo borgo Redi, o Rediborgo, lui è il più famoso”.

E no, fa il presidente: “dimentichi Vacillotto, il dottore”.

Ecco Roma, puntuale che  a forza di dire bomba su bomba hanno bruciato due centraline, ma sono cose di questa vita, il pendolare non è un viaggiante con la fretta degli arrivi, è un viaggiante di sole partenze, parte sempre e talvolta sosta e nel viaggio parla del posto da cui viene e riviene. Abbiamo tutti un borgo Carso, un Rediborgo.