Fossanova, la favola del Parco della rinascita

Fossanova, la favola del Parco della rinascita

25 Luglio 2019 0 Di Fatto a Latina

Non solo l’abbazia nel borgo medievale di Fossanova, ma da ormai diversi mesi i visitatori si imbattono in uno scenario insolito che non lascia indifferenti.

Questa è la cronaca della scoperta dell’inizio della trasformazione di questo luogo noto per le sue bellezze architettoniche e il suo silenzio dove San Tommaso d’Aquino lasciò il suo ultimo respiro. Luogo per molti familiare che d’improvviso perde familiarità. Trasformazione per mano dell’uomo nel pieno rispetto della natura ma da sembrare improbabile, uno scenario che porta dentro una favola già scritta ancor prima di essere terminato.

Da lontano saltarono agli occhi quei giganti spogli. Tornando dal mare, guardando a sinistra non riuscivo a capire cosa fosse successo alle spalle dell’abbazia. Conoscevo bene quella zona ma quello scenario era strano, assurdo. “Non è possibile” pensai tra me e me. Sembravano tanti pilastri ma non erano in cemento. Stavano là, irti e fermi e mi lasciarono un turbamento che non riuscivo a spiegarmi.

Era da un po’ che non facevo quella strada ma non abbastanza da giustificare quello scenario. Eppure erano lì ed erano tantissimi, grandi e tutti senza chioma. Non potevano certo essere cresciuti in una notte tantomeno in pochi mesi ma in quel punto non riuscivo a ricordare così tanti alberi.

Continuai il viaggio cercando di ricordare il paesaggio in quel punto. La vista delle tante altre volte che ero passata da lì, ma non tornava nulla legato a quello che ora c’era, ma neanche altro.

Ci si abitua ai paesaggi che a volte diventano così scontati e banali che non si ricordano neanche. Fino a che accade qualcosa di dirompente. Si perché dirompente è risultata quella vista da lasciarmi spiazzata.

Rimasi così, silenziosa a riflettere cercando di ripescare nei ricordi mentre tornavo a casa. Possibile che un posto così familiare diventi d’improvviso così estraneo? Ci abituiamo così tanto alle cose che vediamo spesso che neanche ci facciamo più caso.

Mi ritrovai in quel posto visto da lontano per caso, dopo qualche settimana. Vagando nel borgo girai l’angolo e riecco davanti agli occhi quella scena. Questa volta l’avevo proprio lì davanti al naso, erano altissimi. Era tutto così irrazionale.

Le corse di tutti i giorni mi avevano fatto dimenticare di voler andare a vedere da vicino quel posto per cercare di capire cosa fosse successo in così poco tempo.

Mi trovai davanti quei giganti visti da lontano. Era quasi sera ma ancora qualche raggio di sole li illuminava.
Sembrava di essere dentro il giardino del “gigante egoista”. Non una foglia, non un fiore solo qualche filo d’erba di rado. Iniziai a camminare tra quei tronchi seguendoli con gli occhi fino al cielo.
La primavera stava arrivando timida, le giornate in quei giorni si allungavano come le ombre di quegli alberi spogli su quella terra in alcuni tratti più scura. Si notavano delle grosse crepe, la terra sembrava arida, mi dimenticai delle scarpe che indossavo e mi addentrai prima pian piano e poi senza neanche più guardare dove mettevo i piedi.

Ero d’improvviso nella fiaba di Oscar Wilde, ero come il bambino che era riuscito a saltare il muro, che li era una staccionata, ma non c’era il gigante egoista. L’inquietudine tornò come la prima volta che li vidi da lontano insieme ora all’incredulità di trovarmi dentro una favola. Perché erano così e perché non ne ricordavo così tanti?

Tornai alla realtà dopo aver affondato le scarpe nel fango. Mi chiamarono al telefono e mi avviai continuando a guardarli anche da lontano.
Raggiungo gli altri e incontro chi avrebbe potuto spiegarmi tutto, talmente presa che non riuscivo neanche ad essere razionale.

Io:

“Ma quegli alberi così spogli?

Sono impressionanti.”

Lei:

“Vedrai che bel parco quando torneranno a germogliare. Diventerà bellissimo con tanto di sottobosco. Se ne sta occupando…

La interrompo perché d’improvviso si fece tutto chiaro.

“Quindi sono gli alberi caduti con l’ultimo temporale?”

Tornava tutto, lì c’era solo un prato, non ero impazzita ne avevo perso la memoria.

Lei:

“Si alcuni di quelli caduti qui ed anche altri. Hanno fatto proprio un bel lavoro sarebbe stato un peccato farli diventare legna da ardere.”

La natura dà, la natura toglie. L’uomo a volte rimedia.

Gigante è stata l’idea di ridare la vita a quegli alberi, in un luogo dove regna il silenzio interrotto solo dalle voci dei bambini nel borgo di Fossanova.

Un centinaio, o forse anche più alberi secolari, imponenti, fermi come statue enormi, sono stati ripiantati dai primi di aprile. Come i pilastri di una cattedrale gotica che aspettano che il tempo e la natura facciano ancora la loro parte, questa volta con l’aiuto dell’uomo.

Una favola a rovescio la chiamerebbe Gianni Rodari dove l’uomo, in questo caso gli operai del vivaio Aumenta, al posto di tagliare gli alberi per fare la legna, li ripianta in quello che diventerà “il Parco della rinascita”.