Caroso Festival, la chitarra e le emozioni subite

Caroso Festival, la chitarra e le emozioni subite

8 Agosto 2019 2 Di Luca Cianfoni

È iniziato ieri a Lanuvio il Caroso Festival, con il concerto del chitarrista argentino Ricardo Moyano, classe 1961, musicista argentino, fuggito dal suo paese natale a causa della dittatura. La rassegna, quest’anno alla venticinquesima edizione, in collaborazione con la Fondazione Roffredo Caetani, si protrarrà fino a sabato 10 agosto, con i prossimi tre concerti che si terranno nella suggestiva location delle Scuderie del Castello Caetani a Sermoneta.

Il Caroso Festival

Il Caroso Festival è una presenza costante ormai nelle estati del nostro territorio e nel tempo il direttore artistico Stefano Raponi racconta di aver deciso di puntare su tre generi in particolare:

la chitarra classica, la chitarra flamenco e la chitarra folkloristica argentina, nelle quali in questi anni abbiamo avuto artisti di fama nazionale e internazionale. Il festival si chiama così in onore di Fabrizio Caroso, liutista e maestro di ballo nato a Sermoneta che per primo compose un trattato sulla danza intitolato “Il Ballarino”. Siamo veramente felici di essere arrivati alla venticinquesima edizione, ci sono stati alti e bassi, ma il nostro impegno c’è e ci sarà sempre e continueremo di dare a questo territorio anche uno spaccato di musica chitarristica, purtroppo considerata sempre di seconda classe.

La chitarra, strumento passionale per eccellenza

Sei corde, una tastiera e una cassa armonica. Tre semplici ingredienti, riescono a formare uno strumento unico del suo genere, che sprigiona emozioni e fa nascere inedite suggestioni. Ricardo Moyano è di per sé un chitarrista folklorico-popolare, come racconta Stefano Raponi, e questo durante il suo concerto si vede e si sente. Al contrario dei pianisti ritti sullo sgabello, che sembrano osservare la musica da lontano, Moyano è curvo sulla chitarra, accovacciato, in una posa tra il dolore e la protezione del suo strumento. Il musicista sembra subire la musica che fuoriesce dalla cassa armonica, carica tutto il peso delle emozioni sulla schiena come Atlante, e nel suonarle si libera, come attraverso una catarsi. La pelle brunita, i capelli neri e radi dipingono esattamente il ritratto di un artista sudamericano, pasionario. La descrizione di sé sembra riflettersi nella musica che suona che “no se preocupa por géneros ni fronteras y es el reflejo de su historia, hecha de exilios, viajes, azares y encuentros” (“non si preoccupa di generi, né frontiere ed è il riflesso della sua storia, fatta di esili, viaggi, pericoli e incontri”).

 

Il racconto della serata del Caroso Festival

Il programma stampato sulla brochure distribuita all’ingresso è stravolto, solo alcuni dei pezzi eseguiti sono quelli stabiliti; Ricardo Moyano si lascia guidare dal demone della musica. Parla con il pubblico, rigorosamente in spagnolo, e la parentela della lingua unita alla musica –  linguaggio universale tra le genti -, fa in modo che tutti riescano a capire ciò che il musicista vuole comunicare. Ringrazia continuamente il pubblico per l’attenzione e il silenzio, sembra quasi in imbarazzo. Con la sua interpretazione di Besame mucho di Consuelo Vázquez, conquista immediatamente la platea e il clima diventa subito melanconico. Il ritmo muta continuamente, le dissonanze si fanno presenza costante nelle note del musicista e la tastiera della chitarra sembra quasi commuoversi. In alcuni tratti addirittura sembra mischiare i ritmi binari della musica greca a quelli più fluidi della musica popolare sudamericana, in uno strano ma fortunato incontro di culture sui tasti neri della sua chitarra. Bomba del corazon di  Eddie Palmieri cambia il clima all’interno del teatro di Lanuvio, che diventa più allegro e gioioso, meno dedito a strappi di tempo e di ritmi. Come anche A mendoza di Hilda Herrera  che si distingue per la velocità di cambiamento delle posizioni sulla tastiera della mano sinistra. Le opere successive del compositore Ricardo Molinero sembrano composte da note che vengono strappate via alle corde della chitarra, tirate via come lembi di pelle viva, che fanno sentire la passione delle note musicali. 

La contaminazione che si fa musica al Caroso Festival

Le ultime due composizioni eseguite sono di origine turca. Moyano racconta che i brani che andrà ad eseguire sono pensati per lo strumento tipico del paese mediorientale, a metà tra una chitarra e un violino, composto solamente da due corde. Questa musica presenta una corda a vuoto che risuona sempre come un bordone, mentre sulle restanti si sprigiona una melodia tipicamente mediorientale. Le note suonate sembrano far volare l’ascoltatore come un’aquila a volo radente sui territori della steppa arida degli altipiani turchi; statica a causa del bordone ma allo stesso tempo veloce e dinamica grazie ai legati e agli arpeggi, qualche volta dissonanti della melodia. Moyano è appoggiato con l’orecchio sulla cassa come a fare risuonare anche se stesso delle vibrazioni della chitarra che lui stesso produce, in un circolo di vibrazioni infinito. Infine racconta il maestro Moyano, in un paese turco che da il nome all’ultima composizione eseguita, l’unica cosa che si chiede ad un uomo quando desidera sposare una donna non è se abbia terra, soldi o casa, ma se sappia suonare il loro tipico strumento. Il ritmo dell’ultima composizione è ossessivo, tutto suonato sulle corde più acute; il virtuosismo è parte integrante come il ritmo sincopato presente in tutto il brano. Il bis che il maestro argentino concede alla platea del teatro di Lanuvio è un omaggio a sua moglie, Sibel che era solita scordargli la chitarra per divertimento. Un giorno Moyano, per sfida tiene l’accordatura strampalata che sua moglie casualmente ha impostato e ci scrive su una composizione, a testimonianza che non esiste un giusto e retto, ma che anche dall’imperfezione possono nascere capolavori come quelli di Moyano.