Immissioni in ruolo a scuola, la fotografia (sbiadita) del Grassi a Latina
12 Agosto 2019È nell’aula magna del G.B. Grassi (odio mettere solo le iniziali, ma di fatto quella scuola a Latina è stata sempre chiamata “Gibbi Grassi”) che si sono scritte, la scorsa settimana, le storie di tante vite prossime future.
Tante vite di insegnanti che, dopo anni passati appesi al telefono in attesa della supplenza di turno, firmano il contratto a tempo indeterminato. Posto fisso per un posto di lavoro da scegliere al volo tra quelli lasciati liberi dai colleghi primi in graduatoria. Posto fisso da scegliere al volo in pochi minuti, cercando di ripetere mentalmente la carta geografica e la logistica dei trasporti del Lazio, o di Roma, che è enorme e piena di posti oscuri.
A ogni chiamata la spunta, ecco qui era rimasto libero finora, bisogna riformulare tutto.
Tante vite attuali e tante vite future, che ora con la busta paga indeterminata si può pensare a una casa, ai figli. Qualcuno, non solo a dire il vero, vista l’età, può pensare ai nipoti.
Una professoressa sceglie Amatrice e parte l’applauso. C’è chi si è portato qualche familiare per la foto al momento della firma, chi si presenta in bermuda e tatuaggio in vista.
Che strano vivere in un’epoca in cui a ogni laurea, anche alla triennale più scalcagnata, l’abito buono è il minimo, la corona di alloro è di ordinanza. Poi si arriva a un traguardo che cambierà la vita, la firma di un contratto con la Pubblica amministrazione che per quanto vilipesa offre garanzie, la firma di un contratto con lo Stato, che per quanto denigrato è una garanzia, e ci si presenta vestiti da vado a fare la spesa al volo e torno. D’altra parte il salone delle immissioni in ruolo di solenne ha solo l’aria condizionata che in questo agosto non è poco. Eppure non è abbastanza.
Qui abbiamo persone che stanno firmando con lo Stato, che stanno cambiando la loro vita e gli si danno cinque minuti per riflettere sulla destinazione da scegliere.
Il ragionamento è più complesso di quello che sembra: per un colloquio di lavoro con un’azienda privata ci si presenta in un certo modo anche perché l’azienda si presenta in un certo modo. D’accordo, questo accade in un mondo di galantuomini, ma qui teniamo fuori ogni storia di contratti con evidente maquillage.
Nel privato forse questo accade anche perché non ci si conosce, mentre dopo anni di precariato ci si conosce piuttosto bene. Però presentarsi sciatti, parlo dello Stato, produce sciatteria. Essere immessi in ruolo alle due di notte, dopo ore di ansia, non è proprio una cosa bella.
In aula gli insegnanti sono straordinari, ma la sciatteria di una scuola alla deriva, tenuta in vita dal credo di tanti ma non di tutti, forse inizia da qui.
Perché se una firma alle due di notte risulta normale, risulterà normale anche accettare scuole non a norma (chiunque osasse aprire una struttura privata secondo i canoni di una scuola pubblica finirebbe dritto in galera, senza processo), studenti maleducati, genitori soffocanti e colleghi furbastri.
A volte la forma è, se non proprio sostanza, almeno l’inizio.
PS.: nessun riferimento al ministro in costume da bagno. Mi viene in mente solo ora. E mi viene in mente che è figlio di questi tempi. Nulla più.
Nella foto, l’aula magna del Grassi nell’operazione di immissione in ruolo