XX settembre, quando Roma si innamoro della libertà

XX settembre, quando Roma si innamoro della libertà

20 Settembre 2019 2 Di Lidano Grassucci

Mi sveglio, ho sonno, a letto si comincia a stare tiepidi. Settembre è un mese di passo, con le sue malinconie. Un giorno in questo giorno dei ragazzi che venivano dal Piemonte, dalla Sardegna, da posti che per attivare qui ci mettevi settimane, mesi, forse non ci sarebbero venuti mai, fecero la Storia. Un cosa difficile armarono il cannone d’amore per la Patria contro la consapevolezza che colpivano la loro santità. Chissà se in cuor loro ci fu il dubbio, ma il dovere di un amore li fece andar di corsa. Dalle mura spararono in francese, come a Mentana qualche anno prima, ma ora andò diverso. Roma era qualche storia sparsa in un grande pascolo. Roma era una idea, Roma era come se i preti avessero fermato la storia, congelato le preghiere, fatto memoria di un impero che era il mondo. Ma i ragazzi avevano la vita, qui ragazzi erano italiani, ragazzi italiani che venivano a fare Roma italiana e non era scontato. Vennero a fare di Roma il simbolo, vennero come venne a morire qui Goffredo Mameli e… La Roma di Cicerulacchio, dei figli di Israele li accolse da liberatori, quella delle sottane nere li negò come umani.

Chiusero le persiane.

Ma quel giorno Roma si fece italiana e la Chiesa del mondo.

Viva la Roma liberata, via la Roma italiana quella che ha San Pietro libero nelle sue chiavi, e sul lungotevere il tempio per altro pregare, in piazza Cavour l’eresia. Una città bellissima per i suoi tanti colori e per il colore che li fa tutti che si chiama libertà.