La scoperta del wafer al tempo dello fru fru
24 Settembre 2019Avrei voluto dire a quella bimba con le lentiggini che nel parco, al Monumento (il parco di Sezze), sarei stato felice a mangiare i fru fru con lei.
I fru fru, ma che sono? Per me erano fru fru, l’onomatopeica del rumore che facevano a mangiarli, e non pensavo che ci fosse altro, che ci fosse un problema di lingua. La mia lingua era di mille suoni e il citrato era “frie” e friggeva davvero, citrato non mi sarebbe mai venuto alla testa, men che mai alla lingua. Fru fru, ma che saranno mai? Ero quasi uomo quando ho capito ed ora so spiegarmi. L’ho capito nel tradurre l’acronimo di Saiwa che sta per Società Accomandita Industria Wafer Affini di Genova.
Ma che so sti wafer? Sono i fru fru, e sono diventato italiano, potevo tradurre nella lingua del mondo una cosa che pensavo tutta mia ma che invece era già del mondo. E dove sta Genova? Dio mio, sta lontano che ci arrivi per mare che è “superba” nel mare. Sarà per la ricerca del senso dello fru fru che mi sono innamorato della geografia, perché poi mi son chiesto da dove viene la vaniglia e il cioccolato? Poi la cialda che forse era uguale quella del cono del gelato .
Ma ancora adesso quando mangi un wafer penso allo fru fru, a quella bambina con le lentiggini a cui non ho avuto mai il coraggio di condividere quel dolce.
Siamo stati piccoli ingenui con lingue inventate, con cose nuove e vedeva il mondo buono e la Kraft ci faceva conoscere “cose buone dal mondo”, un mondo da scoprire. Oggi abbiamo un mondo da coprire, e mi mangio uno fru fru, pardon un wafer.