Latina: il palazzo di via Roccagorga? Abbatterlo è solo stupido

Latina: il palazzo di via Roccagorga? Abbatterlo è solo stupido

7 Dicembre 2019 2 Di Lidano Grassucci

Il palazzo sta in via Roccagorga dice che, secondo le norme urbanistiche, non dovrebbe esserci, invece c’è, ed è evidente. Dice che “deve essere abbattuto“, ma se c’è. Naturalmente dietro c’è quel caos di regole che a Latina determina la “città in precario” dove il costruito va abbattuto e dove non c’è niente fa costruito. Non amo questa ondata moralista che ci sta soffocando, per questo non sono stato colettista (seguace del sindaco Damiano Coletta) nel suo delirio di trasparenza e richiamo a regole che Dracone era un’amministratore tollerante.

Ma, dicono, la cosa è sospetta per via che uno degli appartamenti è del figlio del sindaco. Embé meglio: se c’è il figlio del sindaco, il sindaco capisce cosa c’è dietro il delirio dei “regolaristi”, dei tagliatori del mondo tra buoni e cattivi e i cattivi sono sempre gli altri, capisce che c’è anche il diritto della gente, i suoi bisogni, la vita di tutti i giorni.

A Latina dovremmo uscire da questo delirio di regole, interpretazioni, ripensamenti perché il diritto esiste quando è certo, questo paradosso che come deve crescere la città è sotto il sindacato incontrollabile (non sono eletti) del potere giudiziario.

Che la casa non venga abbattuta non è giusto, manco sbagliato, è ovvio, c’è. Vale anche altrove, le case se non si possono costruite in un posto debbono essere non costruite, non abbattute dopo costruite. 

Non è che siccome mi potrebbe venire il tumore al braccio, ora che sono sano, lo taglio per sicurezza. Che chi ci sta ci deve restare è scontato, eventualmente il costruttore o chi per lui pagherà l’errore.

Ma non è da questi particolari che si vede un sindaco, un sindaco lo riconosci dall’umanità, dalla capacità di adattare le regole alla vita e non la vita alle regole e magari se apre o meno un teatro che c’è. Il resto è rumore che è diventato così forte che è impossibile più vivere in questa città dove siamo tutti “in precario”, alla mercé di interpretazioni sempre diverse e sempre più fantastiche.