Il mondo di Giulia, pardon l’anima di Giulia

Il mondo di Giulia, pardon l’anima di Giulia

8 Dicembre 2019 0 Di Lidano Grassucci

Sono curioso delle cose che vengono fuori da un mondo che prima non c’era, i giovani sono così rispetto a noi vecchi. Loro hanno una dimensione che a noi… i loro occhi vedranno cose che noi non possiamo neanche immaginare. Ci guardano come si guarda una pergamena mentre scrivono i loro sogni su di uno schermo.

Poi? Poi gli uomini sono nel filo lungo della vita che è dolore, che è paura di guardarsi dentro. I più restano fuori, qualcuno diventa pazzo, qualcuno cerca di capire, qualcuno si chiude illuso che la porta lo salverà, qualcuno diventa poeta. Ecco, qualcuno diventa poeta, si scioglie dai lacci della ragione, dalle regole del ragionamento, dalle cose a posto e sente, sente.

Come Giulia Maturani che ho conosciuto di persona personalmente, per dirla alla Catarella, e mi ha donato il suo libro “sogni d’amianto”. Copertina rossa, i versi che avevo letto e poi?

I poeti a volte si fanno maledetti, ingenuo ragazzo forse dell’eta di Giulia scrissi pure io versi (smisi subito) e leggendo Giulia il mio verso mi tornò, come peperoni dopo una cena pesante: “da A a B per vie maledette”. Pure nella mia brevissima ipotesi poetica sono stato matematico, razionale, ma questa maledizione che arriva se ti guardi dentro è giovanile, in Giulia è senza tempo, come se l’intorno fosse nello specchio appannato, fosse

“A chi a vent’anni si guarda morire, seduto sugli spalti del sogno” è l’incipit del libro, la sua porta. Ma non è “personale” è “generazionale”, è “intimamente collettivo” nello sforzo che fa l’anima che è “l’incontro di noi stessi con noi stessi”. Non si sfugge a questo esame, non siamo giudici di diritto di noi, ma giudici vendicatori. Non il Dio misericordioso dei cristiani, ma quello iracondo degli ebrei è qui, la misericordia è esclusa.

La pagina si apre:

Tampono storni

di parole bianche

Crocefissa ad un cielo marcio

allestisco 

un Golgota di addii

Non è semplice, non è dato pensare che la parola che è colore dell’immaginare da un suono un senso diventi bianca, respingente ad ogni significato, insignificante e quindi non  parola. Guardate che è destabilizante questo verso, la parola è l’inizio di ogni cosa

In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.

E’ il prologo di Giovanni del Vangelo, mica niente. Quelle parole che sono tutto, si fanno bianche in questo verso e lei, Giulia, si fa come quei soldati romani che non capiscono, ma sentono che lì, sul Golgota, si consuma uno strappo, un addio, la fine di qualcosa.

I versi di Giulia non sono mai lenti, non accendono mai la luce, sono nel buio necessario per vedere le parole bianche per contrasto.

Noi, noi tutti, mettiamo inchiostro nero su pagine bianche, Giulia inverte l’ordine dello scrivere, fa negativi che non vuole si facciano foto, li vuole così capovolti. Nulla qui è come è, tutto è il suo negativo: i sogni sono d’amianto.

Non sento niente

Non sento più niente

Venditori ambulanti

colonizzano 

la mia pelle in avanzo

Qui c’è il nodo, non sente perché sente troppo perché della sua pelle non c’è d’avanzo, ma nella pelle, della pelle, c’è chi fa mercimonio e sono i modelli delle

” sempiterne belle in gara sui calendari,
a chi dimentica o ignora l’umiltà” 
scrive Francesco Guccini nel suo Addio.

Qui c’è la tragedia di un tempo da anidride solforosa, da Matrix, da alienazione che non è più quella della macchina da seguire di Tempi Moderni di Charlie Chaplin, ma quella del cervello dominato da pensieri imposti da un cloud, da nuvole che non hanno nembi di tempesta e per questo più pericolosi.

E’ uno scrivere ardito, coraggioso, l’anima mette paura e nessuno si senta escluso

E’ cessata 

la vita

lungo un tratto suburbano

Spettro,

mi siedo

dentro chiari di luna

e rattoppo le mie calze 

 

Giulia Maturani, Sogni d’amianto, edizioni eretica

13 euro