Littoria e quei centosessanta giorni degli operai

Littoria e quei centosessanta giorni degli operai

18 Dicembre 2019 0 Di Emilio Andreoli

A Latina il 18 dicembre, nell’occasione dell’anniversario della città di fondazione, si ricordano sempre di omaggiare i bonificatori, i pionieri o i fondatori, ma gli operai che si sono fatti il vero mazzo per costruirla, in meno di sei mesi, non li omaggia mai nessuno…

Erano stati in migliaia a lavorare in quei centosessanta giorni, un’impresa impossibile che loro avevano reso possibile. Littoria, una città sorta dal nulla. Ingegneri, tecnici, operai, manovali, tutti uniti in quel grande sforzo. Il presidente dell’Opera Nazionale Combattenti: conte Valentino Orsolini Cencelli, con il suo cavallo, a controllare meticolosamente lo stato d’avanzamento dei lavori.

 

Era stato lui, il conte Valentino Orsolini Cencelli, che l’aveva fortemente voluta, anche beccandosi i rimproveri del duce, che voleva solo un borgo contadino. Ma poi, dopo il clamore mediatico, anche internazionale, aveva capito che il conte aveva ragione e quel 18 dicembre del 1932 si era presentato in pompa magna a inaugurarla. Aveva snobbato la prima pietra neanche sei mesi prima. Il conte era riuscito a realizzare il suo sogno, non era stato facile prosciugare la palude, con la malaria sempre in agguato.

 

Quella mattina era una bella giornata, tutti si erano vestiti a festa e la piazza era gremita, non solo perché stava arrivando Benito Mussolini, ma perché volevano festeggiare quell’evento storico, la nascita di Littoria, la nuova città italiana, che loro avevano portato in grembo per meno di sei mesi. Era stato un miracolo, ce l’avevano fatta, contro ogni aspettativa. Un record mondiale assoluto, la costruzione di una città in così poco tempo.

Littoria in costruzione: operai al lavoro

Chissà cosa si dicevano e in quale dialetto, sotto quel tiepido sole, quella mattina del 18 dicembre. E chissà cosa si erano detti in quei centosessanta giorni. Immagino il rumore di martelli, scalpelli, carriole, insomma il rumore dei cantieri. Il rumore dei trenini che portavano i laterizi, là dove occorrevano. Poi la sera nelle loro baracche, costruite appositamente vicino al futuro municipio, magari a bere un goccio di vino e a raccontare le proprie storie. Pagherei oro per conoscerle e raccontarle.

Littoria: operai al lavoro nella piazza in costruzione

Sapevano che avevano donato il futuro a chi l’avrebbe vissuta. Forse immaginavano che quel loro duro lavoro sarebbe stato rispettato, purtroppo non è andata così. E noi oggi dobbiamo pensare a quegli uomini e quelle donne di quei centosessanta giorni. Rispettare tutto ciò che hanno fatto per noi, per poter essere qui a raccontare di ieri, di oggi e sperando nel domani. Loro da lassù chiedono solo questo: “Rispetto”.

 

Sarà che mi sto invecchiando, ma mi sono commosso a scrivere questo pezzo.

 

Per i tuoi ottantasette anni, auguri cara città mia.