Latina e l’austerity del 1973

Latina e l’austerity del 1973

12 Gennaio 2020 0 Di Emilio Andreoli

Latina nei primi anni settanta era in fortissima espansione, erano arrivate le industrie con la Cassa del Mezzogiorno e qualche anno prima la centrale nucleare. La città stava vivendo un successo inarrestabile, sembrava un capoluogo del nord. Forse fu proprio in quel momento storico, che Latina si sentì come una vera prima donna, senza invidiare nulla alla vicina Capitale. Le crisi mondiali e nazionali succedute negli anni, dalle nostre parti, sembrarono un gioco… come quella dello shock petrolifero del 1973, chiamata “Austerity”.

La crisi economica e sociale che stiamo vivendo in questi ultimi anni credo non abbia precedenti dal dopoguerra a oggi, ma per scacciare questi brutti pensieri, voglio raccontarvi di un altro periodo storico difficile, che però a Latina rese felici i ragazzini, come me, degli anni settanta.

Era domenica 2 dicembre del 1973 e come ogni domenica mattina scesi a giocare nei giardini del Palazzo M. Mia mamma mi ripeteva in continuazione, quando uscivo da casa, di stare attento ad attraversare, ma quel giorno mi resi conto che qualcosa non era del tutto normale. Come mi avevano insegnato, guardai la strada prima a sinistra e poi a destra, mi stupii perché non vidi neanche l’ombra di una macchina. Quando raggiunsi il mio amico Massimo, che mi aspettava con il pallone in mano, gli chiesi:

“Ma che fine hanno fatto le macchine?”

“Ma perché non lo sai? Mi rispose con fare saputello. E io gli feci cenno di no.

“C’è l’austerity.”

“E che roba è?”

“E che ne so, So solo che mio padre era incazzato stamattina perché non è potuto uscire con la macchina ed è colpa dell’austerity” Mi rispose.

Insomma quella mattina Latina si era svegliata senza macchine e per noi era una bella novità. Così quando arrivarono gli altri amici, prendemmo le biciclette e la città fu nostra.

La storia dell’austerity

Tutto era cominciato con la guerra arabo israeliana. Con la chiusura del canale di Suez, i costi del trasporto del greggio lievitarono a dismisura, perché le petroliere dovevano circumnavigare il continente africano. Così il 22 novembre del 1973, il Consiglio dei ministri varò il programma di austerità per tutti gli italiani. A parte il sensibile aumento del carburante, si vietò la circolazione delle auto nei giorni festivi, l’obbligo di ridurre la pubblica illuminazione del 40% e di tenere spente le insegne dei negozi. Inoltre, bar e ristoranti dovettero rispettare l’orario di chiusura entro la mezzanotte. Anche la fine delle trasmissioni televisive dei due programmi Rai venne anticipata alle ore ventitre. Vennero imposti anche i limiti di velocità, 100 km/h sulle strade extraurbane e 120km/h sulle autostrade.

Le misure varate, immediatamente esecutive, ebbero un impatto concreto sul modo di vita degli italiani. Per sottolineare la rigidità della norma, il 23 novembre venne comunicata una circolare del ministero dei trasporti a tutti i corpi di polizia che precisava come fossero assoggettate al divieto, anche le automobili delle massime autorità, comprese quelle dei ministri e addirittura del Presidente della Repubblica… altri tempi, altri politici.

Ma cosa successe a Latina nelle domeniche di austerità? Per una piccola città di provincia come Latina, poco o nulla, perché nei giorni festivi tutti i negozi erano chiusi, anche prima dell’austerity, e i locali notturni non ce n’erano proprio. L’unico vero danno fu l’aumento del carburante e dei riscaldamenti, avendo a quei tempi, quasi tutti i condomìni, le caldaie centralizzate a gasolio. Ma in tutto questo scenario, spiccava la felicità di noi ragazzini che attendevamo la domenica per scorrazzare liberamente in tutta la città, e anche oltre la circonvallazione, super vietata dai nostri genitori, perché attraversarla era troppo pericoloso.

foto dall’archivio del gruppo Facebook “Sei di Latina se la ami”

I boschetti di Latina

Fu proprio in quel periodo che scoprii, insieme ai miei amici, il primo boschetto che si trovava a ridosso della città. Percorrevamo in bici via Isonzo e poi giravamo in via Parini, dove c’era la pizzeria Marzullo. Poi si arrivava in un grande piazzale di ghiaia (oggi piazza Manuzio) e dopo c’erano delle strade abbandonate, dove per terra vi si trovava di tutto, dalle riviste pornografiche ai profilattici usati, bottigliette di birre vuote e fazzolettini di carta gettati dalle coppiette. Lì iniziava il primo boschetto (oggi via Poluska).

Vicino a quei grandi alberi c’erano dei montarozzi di terra di varie dimensioni, che divennero il nostro campo di ciclocross. Ma noi non ci accontentavamo, volevamo scoprire di più. E così nelle domeniche successive con la nostra temeraria incoscienza, che solo i ragazzini sanno avere, ci spingemmo con le bici, oltre via dell’Agora. Lì c’era una sola villa, quella della famiglia Pettinicchio, che aveva un muro di cinta molto alto con tutti i cocci di vetro incollati sopra, per scoraggiare i male intenzionati a scavalcarlo. Qualche altra villetta della lottizzazione Cucchiarelli, appena costruita, si potevano scorgere più a destra, verso via del Lido.

Dopo la citata villa Pettinicchio si arrivava al secondo boschetto. Ma il massimo fu , quando riuscimmo a raggiungere il terzo, quello di via Nascosa. Per noi era come essere arrivati sulla luna. C’era una quiete incredibile, solo il rumore del vento tra gli eucalipti. Ovviamente ai nostri genitori non  dicevamo nulla di quelle escursioni, rimase il nostro segreto di piccoli esploratori. Solo un po’ di tempo dopo, quei boschetti incontaminati, diventarono i nostri luoghi per appartarci con le fidanzatine. Era finito il periodo dell’austerity e delle biciclette, ed era arrivato per noi il tempo dei motorini.

Dopo cinque mesi di austerity le misure restrittive si allentarono, e dall’aprile del 1974, nei giorni festivi cominciarono a circolare le auto a targhe alterne, pari e dispari. Ma non si ebbe l’effetto sperato perché nelle famiglie degli italiani c’erano ormai più macchine con targhe sia pari che dispari. Così, due mesi dopo, nel giugno del 1974, le misure vennero definitivamente abolite.

In effetti il periodo di austerità durò appena sei mesi, ma per me, e credo anche per tutti quelli che lo hanno vissuto, rimane un periodo indimenticabile. Come indimenticabili quei boschetti, oggi quasi spariti del tutto, dove molti di noi hanno dato il primo bacio all’ombra di un eucalipto.

 

 

 

 

 

 

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