Daniele Nardi, “La sua via perfetta” per il Nanga Parbat

Daniele Nardi, “La sua via perfetta” per il Nanga Parbat

29 Febbraio 2020 0 Di Luca Cianfoni

In questi giorni di psicosi pare che il mondo abbia dimenticato come un anno fa si diceva addio a due uomini, forse tra gli ultimi a poter essere chiamati tali, che in virtù di un sogno lasciavano la propria vita su una delle cime più difficili da scalare al mondo, il Nanga Parbat. Ieri 28 febbraio a Lariano, in una libreria, è stato presentato il libro su Daniele NardiLa via perfetta“, curato da Alessandra Carati, che racconta la vita e l’impresa sfiorata di questo nostro concittadino pontino, sezzese di nascita, che poco più di 12 mesi fa rimaneva sospeso insieme al suo compagno di scalata Tom Ballard su quella montagna pakistana tanto amata.

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Un’istantanea della presentazione del Libro “La via perfetta” di Daniele Nardi, curato da Alessandra Carati

Daniele Nardi e quel naso rivolto da sempre all’insù

“Ho fatto tutto questo perché con Daniele stavamo portando avanti da tempo il racconto della sua vita e della sua scalata impossibile ma soprattutto ho fatto tutto questo affinché quando suo figlio, tra 7-8 anni digiterà il nome di suo padre su internet, trovi la verità su com’era il padre”.

Questa è la motivazione che ha spinto Alessandra Carati a concludere questo libro su Daniele Nardi, questa è la vera motivazione per cui l’ha fatto, “perché non rimanga di Daniele quello che non era, un pazzo che se l’è cercata”. Daniele era metodico, attento, curava ogni minimo dettaglio. Si era allenato per anni per scalare quella vetta dalla sua via preferita, lo sperone Mummery, era stato su quella montagna già altre 4 volte e ogni volta se ne riportava un piccolo pezzo conoscendola sempre di più. Perché la scalata, come diceva lui è 20% fisico 80% testa.

L’aspetto psicologico è quello fondamentale – continua Carati -, una volta saliti a campo base a più di 4000 metri, è tutto bianco, sempre, in ogni momento. La notte ghiaccia tutto, anche la borraccia se non la metti dentro il sacco a pelo, vicino a te per tenerla al caldo. Io sono arrivata fino al campo base insieme a lui e dubito che ci sarei riuscita senza; quando ci siamo lasciati non c’era la minima idea di non rivederci.”

Un uomo sposato alla montagna

Si perché quando l’alpinista trova la sua cima è come quando una persona trova il suo amore. Non ha altro pensiero fisso che quello, nella sua mente ogni piccolo passo, ogni piccolo movimento è fatto esclusivamente in funzione della conquista del suo obiettivo: il suo amore, quella montagna. E Daniele nella vita era sposato con la montagna tanto che il suo matrimonio terreno è stato celebrato sopra quella Semprevisa che lo aveva visto spesso di notte, carico con lo zaino pieno di sassi, percorrere i suoi sentieri per aumentare la sua massa muscolare.

Un uomo che quando era bambino, come racconta il papà, dava le spalle al panorama alpino, avendo gli occhi fissi lassù, sulla cima di quelle montagne, magari persa tra le nuvole, così poteva sognarla ancora più alta.

Un uomo che quando era ragazzo, a 19 anni, mentre i suoi compagni levavano l’ancora alla propria barchetta ormeggiata nei porti pontini, prendeva il suo zaino e in solitaria scalava i 4000 metri del Grandes Jorasses, al confine tra Italia e Francia.

Un uomo che adulto aveva trovato la sua montagna, il Nanga Parbat e aveva trovato la sua via, lo sperone Mummery.

“Il Mummery sintetizzava la visione della montagna di Daniele – dice la curatrice del libro -. Lì lui riusciva a trovare tutto, c’era la l’avventura, lo stile, l’eleganza della salita, c’era quella sua filosofia di alpinismo che ritiene fondamentale il contatto diretto con la montagna, l’approccio frontale, la via più breve, la vera essenza. Daniele una volta mi disse: “Ho capito che se non avessi riprovato il Nanga, la mia vita sarebbe stata zoppa”

“La via perfetta” di Daniele Nardi, per il Nanga Parbat

Daniele amava le sfide, il che non significa essere avventati ma essere uomini in prima battuta e alpinisti in seconda. Lo sperone Mummery era la sua sfida, una via mai percorsa da nessuno, una via che avrebbe dovuto aprire lui insieme al suo compagno Tom Ballard. Una via che doveva essere aperta su un lato della montagna esposto a ovest, che per gli inesperti può sembrare una mera indicazione di orientamento, ma che per un alpinista e scalatore vuol dire esposizione a perturbazioni, venti, acqua, neve.

“Il Nanga Parbat – racconta Carati – non sarà la montagna più alta ma è il massiccio più grande della terra. L’Everest ci sta dentro 2 volte, il Monte Bianco 40. È spaventoso vederlo, poco prima di arrivare a campo base ti si staglia davanti nella sua immensità che gli occhi non riescono a contenerlo tutto in uno sguardo. Quando sei lì sembra che la montagna ti cada addosso. Psicologicamente ti butta addosso una paura incredibile.”

Nel libro “La via Perfetta“, Alessandra Carati mette insieme e cura tutti gli scritti e le chiacchierate fatte con Daniele Nardi, la sua vita fino a quel momento, la preparazione e la scalata, purtroppo sfortunata dei due alpinisti sullo sperone Mummery del Nanga Parbat. In questo libro si racconta come a Daniele piacesse in modo viscerale la montagna e aprire su di essa, in un contatto diretto, nuove vie; in questo libro si racconta come Daniele un anno fa volesse aprire la propria via per arrivare sulla cima del Nanga Parbat; in questo libro si racconta in definitiva la direzione esatta di Daniele, “La via perfetta” per arrivare più in alto delle nuvole.

La copertina del libro “La via perfetta” di Daniele Nardi, a cura di Alessandra Carati

In copertina dell’articolo un fotogramma dell’ultimo video di Daniele Nardi dal campo base del Nanga Parbat.