L’epopea di Andreoli, “C’era una volta”: storia di un negozio

L’epopea di Andreoli, “C’era una volta”: storia di un negozio

8 Marzo 2020 4 Di Emilio Andreoli

Difficile spiegare la sofferenza, ma anche il senso di liberazione nel chiudere un’attività storica, e cosa c’è dietro a una scelta apparentemente così drastica. In realtà parte da lontano, ma come un frutto deve maturare e quindi, io e la mia famiglia, abbiamo maturato con serenità questa decisione.

La storia

Era domenica 24 novembre del 1968, quando mio padre inaugurò il negozio davanti al Palazzo M, al Supercinema, aperto da poco, davano “C’era una volta il west” di Sergio Leone. Già, questa frase “c’era una volta” sembra vivermi accanto, forse sarà per questo che sono innamorato dei ricordi.

Il negozio era stato disegnato da Tonino D’Erme e Gianni Brustolin, i più bravi designer di Latina. Era un vero salotto, con tanto di poltrone e divano. Moquette, legno e stoffe alle pareti, e poi i prodotti di hi-fi, poggiati a terra e sugli scaffali. All’inizio, in maggior misura prodotti Grundig, costruiti in Italia nella fabbrica di Trento. Poi, un paio di anni dopo, con il calo del marchio tedesco, il negozio fu trasformato in multi marchio, diventando così, punto di riferimento per gli appassionati di hifi in tutta la provincia e non solo.

inaugurazione Andreoli hi-fi 24 novembre 1968

“C’era una volta” è l’inizio di ogni favola, ma come tutte le favole, hanno un inizio e una fine. Quella del mio negozio iniziò cinquantadue anni fa, quando io ero ancora un bambino. Ricordo bene quel giorno, ma alla gioia si unì la preoccupazione per un malore accusato da mio nonno Emilio, che due giorni dopo se lo portò via da me e dai suoi cari. Quello fu il mio primo grande dolore.

Negozio Andreoli hi-fi 24 novembre 1968

La decisione

È difficile spiegare cosa si prova nell’abbassare l’ultima volta una serranda , dopo una vita passata dentro un negozio. I ricordi si intrecciano con la malinconia, ma anche un senso di liberazione, perché il commercio è sacrificio. Una vita senza domeniche e festività, a parte Natale, Santo Stefano, Capodanno, Pasqua, pasquetta, primo maggio e ferragosto.

 

Una decisione molto sofferta, ma alla fine voluta per tante ragioni. Oggi il mondo è cambiato velocemente e il commercio pure. I negozi, quelli storici, erano soprattutto luoghi dove incontrarsi, chiacchierare, confrontarsi. Noi commercianti svolgevamo un ruolo sociale importante. I nostri negozi erano salotti accoglienti dove si potevano confidare i propri problemi, perché eravamo sempre pronti ad ascoltare o avere parole di conforto.

Premio “vittoria della qualità e della cortesia” 1971 alla Andreoli HI-FI

Certo, eravamo lì per vendere, ma lo facevamo con passione, cercando di consigliare bene le persone, si chiamava “fidelizzazione”, parola ormai perduta nei meandri del vocabolario italiano. Ora conta solo il prezzo, si fa la foto al prodotto e poi via su Internet per pagarlo meno. Ci sono state persone che, dopo aver acquistato online, pretendevano di farsele spiegare in negozio, della serie “senza vergogna”.

Il commercio, grande scuola di vita

Il commercio mi ha dato e insegnato molto. ho imparato a conoscere le persone a prima vista, a capire le esigenze, a misurare le tasche di chi avevo di fronte, ma anche ad aiutare psicologicamente chi era in difficoltà. Ricordo che negli anni ottanta uscirono i primi microregistratori che, inizialmente, furono usati per scoprire i tradimenti. Una donna, dopo averlo acquistato, si fece spiegare come collegarlo al telefono. Dopo qualche giorno tornò da me, perché non riusciva ad ascoltare la telefonata registrata. L’ascoltammo insieme e scoprimmo il tradimento di suo marito, che pronunciava parole dolci all’amante. Mi pianse per un’ora sulla spalla.

 

Non posso dimenticare i clienti famosi  che sono passati per il mio negozio, tra cui Giorgio Albertazzi, uno dei più grandi attori italiani di teatro. Il maestro Franco Califano che mi ordinò dei prodotti e mi disse con la sua inconfondibile voce: “oh, quanno arrivano chiamame, questo è il numero mio de casa”. Quando lo chiamai rispose la segreteria telefonica: “Aoh che c’è? Daje sbrigate che me devi dì” sembrava proprio una canzone sua. E poi tanti altri, da Teo Mammuccari a Gaia De Laurentiis e alla visita inaspettata di Beppe Fiorello, conosciuto in Valtur, quando faceva l’animatore.

 

Ho avuto inoltre la fortuna di viaggiare in tutto il mondo, grazie alle aziende con cui ho lavorato. Sono stato in Giappone a visitare il quartier generale della Sony, in Corea del sud negli stabilimenti della Samsung, ma anche tanti viaggi di piacere, America, Africa, Europa, Indonesia, sud America. il viaggio più bello però, è stato questo tempo durato cinquantadue anni.

Al centro Pasquale Andreoli, sx la prima commessa Francesca Caon con la sorella Angela

In questo breve ma intenso viaggio nel tempo, voglio ricordare tutti i nostri commessi e commesse, che hanno contribuito, con le loro competenze tecniche acquisite, a una eccellente qualità del servizio. Per non far torto a nessuno nominerò solo quello con più anzianità di lavoro, Stefano Siragusa, conosciuto dagli amici come “Pannocchia”.

 

Come non essere un po’ preoccupati per tutte quelle persone “particolari” che passavano ogni giorno e a cui davamo sempre retta, facendoli sentire importanti. Mancherà di certo un loro punto di riferimento, come a Fulvio con le sue cuffiette o alla signora con il cappello che chiedeva sigarette o una telefonata, Andrea il tellinaro e tanti altri. Un punto di riferimento anche negli anni passati, per i bruscolinari Franco e Salvatore, Pino radiolina, per citarne alcuni.

Il nostro saluto

In questi giorni abbiamo avuto tante dimostrazioni di affetto, da moltissimi concittadini e questo ci ha fatto immenso piacere, anche persone provenienti da fuori Latina, a riprova che abbiamo svolto in questi anni un egregio lavoro. Alcuni si sono commossi e noi con loro. Abbiamo ricevuto anche la visita inaspettata del sindaco Damiano Coletta, a cui ho manifestato il desiderio di donare al comune due lampadari disegnati dai due progettisti del negozio.

 

Adesso tutti mi chiedono cosa farò, di certo prenderò qualche mese sabbatico per riordinare le idee. Di positivo c’è che avrò più tempo da dedicare alla famiglia e alla mia Latina. Di sicuro non vi libererete di me e dei miei racconti… questo però, è stato il più difficile da quando ho iniziato a narrare la città.

 

Vi saluto anche da parte della mia famiglia, mia mamma Anna, mia sorella Vanda e mio cognato Antonio.  

 

Buon 8 marzo alle donne, ma anche agli uomini, e in bocca al lupo per questo tempo difficile che stiamo vivendo tutti.