Storie al tempo del Covid 19/ La Latina dei ricordi e quella spettrale di oggi

Storie al tempo del Covid 19/ La Latina dei ricordi e quella spettrale di oggi

15 Marzo 2020 0 Di Emilio Andreoli

Non avrei mai voluto raccontare ciò che sta accadendo nella nostra città, ma anche in tutta la nazione. Avrei voluto raccontare di altro, magari la storia di qualche famiglia che ha lasciato segni indelebili in questo territorio. Tuttavia cercherò di unire qualche bel ricordo, ai giorni difficili che stiamo vivendo.

 

La sofferenza da queste parti era di casa prima e anche un po’ dopo la fondazione e la bonifica integrale, fino all’arrivo del DTT americano. Non dimentichiamo che questa era terra di morte, era terra di malaria, ma almeno sapevi con chi avevi a che fare. Il nemico era la zanzara anofele, difficile da combattere però se la vedevi potevi spiaccicarla.

 

Oggi invece non possiamo combattere contro nessuno, il nemico è invisibile. È uno spettro che ha reso spettrale la nostra città e il mondo intero. Ha pure un nome inquietante “coronavirus” che potrebbe essere un nome regale, ma anche mortale. È vero, il virus è partito dalla Cina, ma non per questo dobbiamo odiare i cinesi, anzi, è l’unica nazione che ha mandato i loro medici più preparati per aiutarci in questa drammatica emergenza. I cugini francesi ci hanno pure sbeffeggiato con un video su Canal+ sulla pizza al coronavirus, non sapendo che lo avevano già in casa pure loro. Sempre valido il detto –chi la fa l’aspetti-.

 

Nel mondo ci sono sessantanove stati coinvolti nelle guerre con costi economici e di vite umane inimmaginabili, nel 2015 il costo economico superava il 13% del pil mondiale. Con quei soldi avrebbero potuto costruire ospedali in tutto il mondo, pure sulla luna, e oggi il problema principale è che non abbiamo abbastanza posti nelle sale di rianimazioni, questo dovrebbe far indignare più di ogni altra cosa.

 

Racconti di negozio

Sto cercando di non uscire, ma devo finire di togliere alcune cose dal negozio e allora sono obbligato a scendere. Mi lamentavo che i portici erano semivuoti e vi ho raccontato dei ragazzi del “Manzoni” e dei bellissimi anni ottanta e novanta, ma ora uscire fa paura, questo assurdo silenzio fa paura. Da lontano vedo una ragazza, i suoi tacchi risuonano sotto il porticato e quando ci incrociamo, ci allontaniamo come fossimo appestati.

 

Entro nel negozio, sistemo alcune cose e poi inevitabilmente i ricordi arrivano e chiedono di fermarmi e io li ascolto volentieri. Mi tornano alla mente i personaggi particolari:  Antonio il cieco che mi bussava alla porta del negozio, mi chiedeva il soldino e mi ringraziava per cognome. Pino radiolina, a cui davo le batterie perché le aveva sempre scariche nella sua radio incerottata. Ricordo “mandolino” che su un foglio scriveva chi doveva andare all’inferno e chi in paradiso. Zazà che passava ubriaco perso, e allora era meglio chiudere la porta perché se entrava era una fatica farlo uscire.

 

Torno al lavoro, ma già so che i ricordi torneranno prepotenti. Mi accorgo di non avere più sigarette e a piedi arrivo in piazza del Popolo, incontro solo la brezza primaverile che mi fa sentire ancora vivo. Al ritorno ci sono le campane che suonano, come fossero un richiamo e quindi mi fermo in chiesa, che stranamente trovo aperta, ma nessun fedele. E io che non sono mai stato un osservante mi ritrovo a pregare davanti la copia della “Pietà” di Michelangelo. Vado davanti la tomba di don Carlo Torello, primo parroco della città, e prego anche lui, affinché interceda per noi.

 

Ma questi ricordi sono proprio prepotenti, non mi danno tregua… davanti al Supercinema si metteva sempre Franco il bruscolinaro, fratello di Salvatore il sindaco”. Poggiava il suo sgabellino con il cestino pieno di cartocci di bruscolini. Capello lungo con la riga da una parte, il baffo, vestito sempre con un completo marroncino. Quando passava qualche ragazza andava in estasi, ma il massimo lo raggiungeva quando passava la signora Lella, curatissima, con i suoi lunghi capelli biondi e un profumo inconfondibile. Franco rimaneva incantato e dopo essere passata, lui le andava dietro per qualche metro, con la faccia inebetita, estasiato da quel profumo. Non dimenticherò mai quell’immagine.

 

Indimenticabili le sorelle Giovanna e Peppinella chiamate pure “sorelle pesce pesce”. Quando passavano, una davanti e l’altra dietro, se qualcuno le guardava o diceva qualcosa era la fine. le urla e le parolacce si sprecavano, e anche le ciabattate.

 

Latina un film di fantascienza

Torniamo al tempo nostro e a questa tragedia globale. Vado al supermercato, e c’è la fila fuori, fortuna che da queste parti non piove mai. Tutti con guanti e mascherine, qualcuno mi saluta, ma io non riconosco nessuno, saluto per educazione. Sembra di stare in un film di fantascienza americano degli anni novanta. Un vero incubo, e pensi –Ora mi sveglio ed è tutto finito-. Mentre torno a casa costeggio i giardinetti e mi vedo ragazzetto, su una di quelle panchine ad amoreggiare con la mia fidanzatina.

due alieni a Palazzo M

Mi viene da pensare a come faranno gli adolescenti a innamorarsi, e a come faranno a nascere nuovi amori, senza sfiorarsi le mani senza il brivido delle carezze. Si baceranno forse con le mascherine a un metro l’uno dall’altro? E se fosse accaduto quaranta anni fa, come avremmo fatto noi, con solo due canali tv, senza internet? Saremmo morti tutti di inedia? Troppe domande, preferisco pensare positivo. Spero presto che tutto questo rimarrà solo un brutto ricordo.

 

Intanto, nel silenzio più assoluto, sento i dodici rintocchi dall’orologio della torre di piazza del Popolo. È mezzanotte e per me la serata, quarant’anni fa era appena iniziata…

 

Per i ragazzi

Date retta, state a casa ragazzi, è necessario per la salute di tutti. lo so è un grande sacrificio, ma sono certo che tornerete ad amarvi, a sfiorarvi la mano e a baciarvi senza mascherine.

I ragazzi del “Manzoni” l’ultima grande comitiva di Latina