Santino Palumbo e quella stretta di mano che valeva più di mille firme

Santino Palumbo e quella stretta di mano che valeva più di mille firme

29 Marzo 2020 5 Di Emilio Andreoli

Le strette di mano ormai apparterranno alla storia, il virus ha cancellato anche quelle. Prima di questa brutta pandemia le strette di mano si davano per presentarsi e per salutarsi quando ci si incontrava, ma prima ancora erano qualcosa di più. I galantuomini con una stretta di mano chiudevano gli affari. Questo capitò a mio nonno Emilio, con Santino Palumbo.

 

Ci sono delle persone che non possono essere dimenticate, che hanno segnato la breve storia della nostra città. Vi ho raccontato di Luigi Palombelli, il re della gassosa, di Achille Porfiri che vendeva stoffe e della moglie Maria Corsetti che donò mezzo ospedale a Latina, in memoria del marito e del figlio Giorgio prematuramente scomparsi. Non potevo quindi dimenticare Sante Palumbo, per tutti Santino.

Non ho usato alcun criterio cronologico nelle mie storie. Per me sono tutte ugualmente importanti perché rappresentano il mio vissuto. Santino ne rappresenta un pezzo fondamentale, perché mio nonno comprò il primo negozio proprio da lui, sotto il suo albergo. Si strinsero la mano e fu affare fatto.

Santino si può dire che lo ricordo da quando sono nato. Ho un’immagine incancellabile nella mente. Lui che scende le scale laterali dell’albergo, si ferma appena mi vede, e mi da una carezza sulla testolina, avrò avuto quattro o cinque anni. Provai subito affetto per quel nonno con i baffi vestito di blu.

Santino Palumbo in piazza san Marco

La storia di Santino

Classe 1913, era di origine abruzzese. A  sedici anni, in cerca di fortuna, parte a piedi per Roma dal suo paese, Civitaquana provincia di Pescara. Lavora come manovale, prima nella Capitale e poi a Littoria già dalla prima pietra. È subito amore per quella città che ha visto nascere. Dopo aver vissuto per qualche anno a Priverno e aver sposato Afra, una donna delicata e gentile figlia di emiliani, nel 1941 si trasferisce definitivamente a Littoria.

Santino ultimo figlio di una numerosa famiglia, non ha avuto il tempo di studiare e come tanti uomini dell’epoca ha solo la quinta elementare, però è molto intelligente. Apre una impresa edile, perché capisce che la città avrà un grande sviluppo.

Verso la fine degli anni cinquanta si è già affermato, ormai è un imprenditore di successo e non si dedica più solo alle costruzioni. Il 24 maggio del 1959 dona un tocco di modernità alla città, inaugura in pieno centro il suo albergo, l’hotel Europa. Ha scelto quel nome perché lui è sempre un passo avanti, non ha studiato, ma ha la visione del mondo.

inaugurazione hotel Europa, al taglio del nastro Lidia Palumbo, al centro con i baffi Sante Palumbo

In quell’albergo passeranno tanti personaggi famosi, Johnny Dorelli, Silvio Noto, Betty Curtis, Mike Bongiorno e tanti altri. Per me è un’emozione particolare scrivere dell’hotel Europa, perché sono nato nel palazzo di fronte, e perché mi ricorda il negozio della mia famiglia. Inoltre ricordo come se fosse ieri l’abete che stava nel piazzale e che addobbavano ogni natale.

Articolo dell’inaugurazione hotel Europa a Latina, sul Giornale d’Italia

Santino, nonostante la sua affermazione sociale, non ha dimenticato le sue origini, e ora che può cerca di aiutare chi è più in difficoltà. È grazie a lui che arrivano i primi cani per i suoi concittadini non vedenti. Fa costruire una chiesa a borgo Carso, e all’ospedale di Latina dona i televisori alle suore. Nei borghi fa asfaltare le strade a suo carico, perché i suoi amici politici di Roma promettono, ma poi non mantengono.

Ama lo sport, la boxe, ma soprattutto il calcio, lo ama così tanto che decide di acquistare la squadra. Quel suo Latina, con Melloni regista, e in attacco il trio meraviglia, Crociara, Guarniero e Cassin diverrà una squadra memorabile e lui un presidente indimenticabile. Vederli giocare è fantastico, e tutti i tifosi sognano, compreso me, ragazzino, che ogni domenica scavalco il muro dello stadio, insieme ai miei amici, per vedere la partita.

 

Santino e la politica dal volto umano

In quegli anni settanta decide anche di spendersi in politica. Santino è democristiano, ed è benvoluto da tanti suoi concittadini che lo votano ad occhi chiusi, perché sanno che è un uomo di parola e se promette mantiene. Ma Santino non ha fatto i conti con i suoi amici romani di partito, che dopo le elezioni si dimenticano della sua città. Quindi niente soldi e tutte quelle promesse le mantiene unicamente con le sue forze.

Quando Santino diventa assessore per il sindaco democristiano Nino Corona, il suo ufficio è il più frequentato. Una sua ex collaboratrice, Assunta Sodano, lo ricorda così:

“Io sono testimone che il suo stipendio di assessore andava in beneficenza. Nel 1973 facevo parte del suo ufficio di segreteria presso il comune di Latina, ogni giorno pervenivano richieste di aiuto, forse perché la sua bontà era nota, e lui aiutava tutti indistintamente. Non lo dimenticherò mai. Grazie Santino!”

 Alessandra D’Ottavi invece testimonia:

“Chi si ricorda l’impianto sportivo all’aperto del Liceo Classico? Fu lui a farlo realizzare, bastò chiederglielo davanti la fontana di piazza del Popolo. Ci sorrise e il giorno dopo iniziarono i lavori. Altri tempi altri uomini.”

 

La fine di un impero

In via Piave ha anche una grande industria di mattonelle “Palumbo centro ceramiche” dove dà da lavorare a tantissima gente, ma a lui piace costruire e quando i politici della Capitale lo chiamano per fargli edificare a Roma delle palazzine in via Palmiro Togliatti accetta subito. Purtroppo l’affare finirà male, perché la società che gli aveva affidato l’appalto sparisce, e lui perde una parte cospicua del suo patrimonio per pagare operai e fornitori.

Purtroppo accade di nuovo, per un altro appalto, questa volta a Latina, e Santino si sentirà tradito e abbandonato da quel mondo, la politica, a cui lui ha creduto e ha dato tutto se stesso. La delusione è tanta e lui poi si ammalerà per questo grande dispiacere.

Nel 1981 muore a sessantotto anni lasciando nello sconforto la moglie Afra e i figli, Lidia, Gianni ed Egidio, ma anche la maggior parte dei suoi concittadini. Al suo funerale, i suoi più anziani dipendenti portano la bara, sulle spalle, dal comune fino a piazza san Marco.

Oggi il “Circolo cittadino” porta il suo nome, come anche un pezzetto di via vicino al canale delle acque medie, un po’ pochino per un uomo della sua portata, penso che meriterebbe molto di più. La figlia Lidia è un’affermata gallerista, tra le maggiori esperte d’arte della provincia, il figlio Egidio fa il costruttore continuando così la tradizione di suo padre, ma all’estero, il figlio Gianni, persona stimata e di grande sensibilità, purtroppo non c’è più perché non ha resistito alle avversità della vita.

 

Per i giovani

È bene che i giovani sappiano che in questa città ci sono state storie di persone di grande generosità e umanità, come Santino Palumbo e che assolutamente vanno ricordate e tramandate ai posteri. Si chiamavano galantuomini e bastava una stretta di mano. Quando accadrà di nuovo, il mondo sarà cambiato.

 

Nella foto di copertina, Santino in piazza del Popolo con la sua indimenticabile Fiat Dino Ferrari azzurrina.