Il dottor Ugo Redi, e quelle analisi che non volevo mai fare

Il dottor Ugo Redi, e quelle analisi che non volevo mai fare

12 Aprile 2020 0 Di Emilio Andreoli

Con la scomparsa del dottor Ugo Redi, tengo a precisare di morte naturale, si chiude una generazione di medici che hanno segnato la storia della città di Latina. Aveva novantacinque anni, ma era ancora al passo con i tempi, navigava in internet ed era appassionato di tecnologia.

 

Prima di iniziare il racconto, vorrei ricordare tutti quei medici e infermieri che oggi stanno combattendo e affrontando il periodo più buio che la nostra nazione ricordi, dal dopo guerra ad oggi. Il mio pensiero va a loro, soprattutto a quelli che hanno dato la vita per cercare di salvarne altre. Prima di questo virus, nei pronto soccorso, degli ospedali di tutta Italia, il personale medico e paramedico, diverse volte, veniva offeso e anche picchiato. Ora tutti li chiamiamo angeli ed eroi. Ecco, quando capiterà di andare in un pronto soccorso dopo questa emergenza, speriamo mai, non dimentichiamo quello che hanno fatto per la comunità.

 

La nostra è stata terra di malaria, e quindi i medici sono sempre stati fondamentali, e anche d’eccellenza da queste parti, fin dai tempi della palude. Il primo medico che arrivò nell’Agro Pontino, durante la bonifica, fu il dottor Vincenzo Rossetti, che ci ha lasciato un’importante testimonianza con il libro “Dalle paludi a Littoria, diario di un medico”.

Dopo il dottor Rossetti ne arrivarono tanti altri, ma io nominerò quelli del mio tempo e mi scuso se ne dimenticherò qualcuno, gli anni purtroppo passano anche per me e per la mia memoria. Ricordo il mio primo medico da bambino, il dottor Brignola, nell’adolescenza il dottor Soccorsi, l’oculista dottor Vespa, il dottor Latini che veniva definito il medico del popolo. Il dentista dottor Chiodi, lo psicologo dottor Bellini, il cardiologo dottor Bossa, ma per le analisi del sangue dovevi andare necessariamente dal dottor Redi.

1961 nasce il primo laboratorio di analisi di Latina

Era il 1960 quando il dottor Ugo Redi giunse a Latina come medico dell’INAM oggi ASL, lo aveva convinto a trasferirsi il cognato, il giudice Pasqualino Marasco. Arrivava dalla Calabria, da Vibo Valentia, si era laureato a Roma e poi specializzato a Napoli. Aveva fatto inizialmente l’anestesista alla “Clinica San Marco” e nel 1961 aprì il primo laboratorio di analisi del capoluogo, in via Oberdan.

Quando il medico diceva a mia mamma che dovevo fare le analisi del sangue e dovevo andare dal dottor Redi, essendo ago fobico, cominciavo a piangere sin da subito. Per me era una vera tortura e i camici bianchi mi mettevano una paura tremenda. Ma senza di lui non avrei mai saputo dei miei globuli rossi o bianchi, e crescendo del mio colesterolo e dei miei trigliceridi impazziti.

Conobbi meglio il dottor Redi, quando iniziai a lavorare in negozio, lui abitava sopra, e spesso prima di rincasare passava a guardare le ultime novità tecnologiche. Sempre ben vestito con giacca e cravatta, sembrava un lord inglese per la sua calma e la grande educazione. Nonostante stesse a Latina da una vita, aveva conservato la sua cadenza calabrese, ma del resto, come tutti quelli che avevano popolato la città di Littoria e poi Latina, arrivati da altre regioni d’Italia. A me piaceva ascoltare tutte quelle cadenze perché era come viaggiare stando fermi.

 

 

Il dottor Ugo Redi al centro e i figli Umberto, Roberta, Maria Celeste e Francesco

Nei primi anni del 2000, insieme ai suoi quattro figli, aprì il secondo laboratorio, molto innovativo, nei quartieri della nuova Latina. Nonostante la sua età continuava a tenersi aggiornato navigando in internet. Ogni tanto passava in negozio per qualche consiglio, un acquisto o anche solo per un saluto.

Un paio di anni fa, a causa di una lunga malattia era venuta a mancare la moglie Adriana, compagna di tutta la vita e lui si era fermato lì, non era più uscito di casa. Mi è dispiaciuto molto non vederlo più gironzolare per il negozio o incontrarlo sotto casa. Era una figura a me cara, di quelle persone che pensi siano lì per sempre, ma purtroppo non è così e l’altro giorno ho visto, fissato al portone dove abitava, la sua epigrafe.

Che poi le epigrafi di questi giorni sono più lapidarie del solito e ti fanno rendere conto di quanto sia infame questo maledetto virus. Quando muore qualcuno che ti è caro e non puoi dargli neanche l’ultimo saluto, perché i funerali non si possono fare, la morte ti appare ancora più disumana. E se poi penso che nella civilissima New York, stanno mettendo i corpi delle vittime di coronavirus nelle fosse comuni, sembra di essere tornati indietro di mille anni.

 

Il dottor Ugo Redi è stato uno di quegli uomini che ha contribuito alla crescita di Latina, e con lui si chiude un’epoca, ma apparterrà per sempre alla storia della nostra giovane città, e che io non dimenticherò mai.

Un abbraccio “virtuale” con affetto ai figli, Umberto, Maria Celeste, Francesco e Roberta a cui auguro di proseguire sempre con successo, il progetto iniziato sessanta anni fa dal grande papà Ugo.

 

Foto gentilmente concesse dalla famiglia Redi.

Nella foto di copertina il dottor Ugo Redi con la moglie Adriana