Covid 19/ Il virus che assassina i poeti (Ricordo di Luis Sepùlveda e di ogni morto)

16 Aprile 2020 0 Di Lidano Grassucci

Si contano i morti, ed è inumano. Proverò a dargli un nome, prenderò un nome per tutti i nomi. Si sarebbe chiamato Luigi se fosse nato qui, invece è nato, per dirla alla Papa Francesco, alla “fine del mondo”, in un altro mondo. In un mondo che, stando alla fine, conserva parecchie cose qui perdute e lì non memoria ma realtà. Lui, Luigi, di mestiere faceva… Dio mio a dirlo così mette i brividi, faceva il poeta. Raccontava storie, storie che la sua testa faceva diventare più vero del vero, raccontò di un gruppo di gatti che insegnarono a volare ad una gabbianella. I gatti animali liberi che fecero da professori agli animali che hanno l’intera libertà del cielo. Una storia che la capisci meglio se sai come lì, lì alla fine del mondo, c’è stato un tempo lungo in cui era “vietato guardare il cielo”, in cui la fantasia, tutte le fantasie, andavano in prigione. E anche Luigi andò in prigione continuando ad ascoltare storie di gatti che salvano uccelli, storie impossibili per la natura del gatto e il bisogno del volatore, ma nella fantasia vera più del vero.

Luigi fu “cacciato” dal fine del mondo e andò a raccontare storie nel mondo. Il grande topo e i voraci amici suoi non ci sono più, sono stati cacciati anche dalle storie di Luigi che smentì l’idea che hanno tutti i cattivi sui buoni, come tutti i ratti sui gatti: “che i croccantini li hanno rovinati” e resi imbelli.

Luigi poteva venire dalle valli lombarde, dai posti lontani tra i monti, dove i Luigi una volta chiamarono a racconta tanti gatti contro immondi ratti e proprio di questi tempi di mandarono via, via a non farsi vedere. I vecchi sono tutti poeti, tutti Luigi, e quando vanno via perdiamo i sogni sognati, sognabili.

Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
“Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!”

Il vecchio e il bambino, Francesco Guccini

Il protagonista di questo racconto si chiama Luis Sepùlveda, aveva 70 anni, era cileno. Di mestiere era “poeta”, i ratti erano i servi che uccisero la libertà che aveva come amica la speranza. Torturato, cacciato, incarcerato ha combattuto con la fantasia. Oggi il Cile è libero, le gabbianelle sanno volare e i gatti prendono il sole. E’ morto di covid 19 come i tanti anziano in tutto il mondo e il mondo di domani, per questo sarà difficile, sono morti i poeti, sono morti i ricordi che erano anticorpi dei ratti e siamo tutti più poveri e indifesi

Ciao a tutti i Luigi