Gianni Merlo, l’uomo con i baffi che puliva i vetri nella Latina che sperava

Gianni Merlo, l’uomo con i baffi che puliva i vetri nella Latina che sperava

19 Aprile 2020 0 Di Emilio Andreoli

Latina negli anni sessanta e settanta, è stata la città dalle mille opportunità. Chi in quel periodo è arrivato prima, e chi poco dopo, ha avuto la sua possibilità per affermarsi, o anche solo per trovare o inventarsi un lavoro. Gianni Merlo se lo era inventato e con quello, aveva tirato su famiglia e comprato casa.

Ho avuto la fortuna di fare un lavoro che mi ha permesso di archiviare, nella memoria, tante storie della mia città. Sono sempre stato un attento osservatore di ciò che accadeva, e accade, intorno a me. E quale miglior punto d’osservazione se non quello di un negozio?! Cinquant’anni vissuti a contatto con le persone, sono il patrimonio per i miei racconti.

Quella storia straordinaria di Gianni

Quella di Gianni Merlo è una storia come tante, una storia ordinaria, ma che se uno vi si sofferma diventa straordinaria, perché secondo me tutte le storie sono straordinarie, perché nessuna è uguale all’altra. Quindi sto per raccontarvi una storia straordinaria, quella di Gianni il lavavetri con i baffi.

Gianni era nato a Latina il 2 ottobre del 1949, e come tutti quelli nati in quel periodo da queste parti, i genitori provenivano da altre terre.  La madre era siciliana e il padre napoletano. Era andato a lavorare sin da giovanissimo per non gravare sulla famiglia. Una grande azienda di Pomezia, che appaltava lavori per la pulizia delle industrie, lo aveva assunto come lavavetri, ma lui per arrotondare, nel tempo libero, cominciò a lavare le vetrine di qualche negozio a Latina. Dopo qualche anno lasciò l’azienda di Pomezia e aprì una ditta tutta sua.

I commercianti in quel periodo facevano affari d’oro, i negozi erano sempre pieni e non avevano il tempo per lavare i vetri delle loro vetrine e Gianni lo aveva capito prima di tutti. Piano piano conquistò la loro fiducia e con il passa parola acquisì sempre più clienti. Si presentava con le sue armi del mestiere: un secchio pieno di acqua, una spazzola, il tira acqua e una pelle di daino. Gianni si era inventato un mestiere.

Era la fine degli anni sessanta, io ero ancora bambino, e lo ricordo con i suoi attrezzi da lavoro davanti le vetrine del mio negozio. Era un ragazzone alto e grosso con i baffi, e mi stupiva che non usasse la scaletta, era così alto che con la sua mano arrivava fino alla fine della vetrina. Mi divertivo a guardarlo, per lui era come un’arte, con la spazzola, in moto rotatorio, insaponava tutta la vetrina, ma la sua bravura rasentava la perfezione con il tira acqua. In poche mosse levava l’insaponatura e il vetro era perfetto, senza neanche una riga o una gocciolina d’acqua. Più che un lavavetri sembrava un artista, e la sue tele erano le vetrine dei nostri negozi.

 

Gianni Merlo, alle prese con una vetrina di un negozio di calzature

Dopo aver finito il suo lavoro, entrava nel negozio perché era appassionato di videoregistratori e di musica, e dopo esser passato da me, andava alla “Casa del disco” a lavare i vetri e a farsi il suo solito giro, per cercare le ultime novità discografiche.

Nel tempo io crescevo e lui continuava il suo lavoro. Un giorno lo vidi con una ragazzetta che gli dava una mano, era la sua fidanzata Sandra, che poi sarebbe diventata moglie e madre dei suoi due figli. Ricordo in particolare il figlio maschio, nato per secondo nel 1978, lo avevano chiamato Benito, che da queste parti fa un po’ impressione a chi pro e chi contro. La prima figlia, invece, l’avevano chiamata Monica.

La cosa sorprendente era che Benito più cresceva e più somigliava al papà, soprattutto nell’andatura. Sin da piccolino accompagnava il padre, che per renderlo partecipe si faceva passare i suoi strumenti di lavoro. Ricordo che dopo aver lavato le vetrine uscivo fuori dal negozio e sorridevo nel vederli andare via, camminavano proprio uguali padre e figlio.

Gianni, colpito da una malattia rara e dalla crisi economica del 2007

Poi un giorno mi disse che si era ammalato di una malattia grave e rara, ma continuò lo stesso a lavorare e un giorno lo vidi arrivare con una scaletta. Lui, che lo avevo visto sempre come un gigante, mi fece un’infinita tenerezza vederlo mentre lavava i vetri senza poter sfruttare la sua altezza. Ma alla fine si riprese da quella brutta malattia, anche se la scaletta fece ormai parte dei suoi strumenti di lavoro.

Poi gli affari d’oro per i commercianti finirono e Gianni cominciò a perdere clienti. Le vetrine dei negozi, che non usufruirono più del suo lavoro, non furono poi così pulite bene. In seguito, la grande crisi del 2007 dimezzò i suoi pochi clienti rimasti. Resistette ancora qualche anno e poi decise di anticipare la pensione, ma per lui che aveva sempre lavorato, sembrò più una sconfitta che un traguardo. Ebbe un periodo di depressione, anche se lo nascondeva bene con il suo sorriso ironico, sotto i suoi eterni baffetti.

Gianni, qualche anno dopo sulla sua scaletta

Era la fine del 2017 quando, sfortunatamente, venne colpito da un altro brutto male che se lo portò via in solo sei mesi. l’amico Carlo Montefusco lo ricorda così:

Erano i primi anni settanta e io avevo cominciato a lavorare al “Supercinema”, facevo l’operatore cinematografico. Ricordo Gianni che veniva a lavare le vetrine del cinema, ma non si faceva pagare, in cambio però entrava a vedersi il film. Poi ebbi modo di conoscerlo meglio quando andai a lavorare alla “Casa del disco”. Veniva sempre a vedere le ultime novità discografiche. Rimasi in contatto con lui anche quando andai a lavorare a Frascati per un negozio di dischi. Mi ordinava i cd e film in dvd, e per arrotondare, visto che il suo lavoro non andava più molto bene, vendeva qualche copia ai suoi amici. Gianni lo ricorderò sempre con grande affetto”

Ancora oggi provo a lavare i vetri imitando Gianni, ma niente, rimangono sempre le righe e goccioline… ma anche i ricordi di quel lavavetri straordinario con i baffi, altro pezzetto di storia della nostra città.

 

Ringrazio la famiglia Merlo per la cortese disponibilità e per le foto.