Nicola Bianchini e il palasport di Latina che porta il suo nome.

Nicola Bianchini e il palasport di Latina che porta il suo nome.

21 Giugno 2020 1 Di Emilio Andreoli

Ci sono luoghi e vie di cui ci domandiamo poco, o quasi mai, del perché della loro denominazione, servirebbe un po’ più di curiosità e andare meno di fretta. Ad esempio, il piazzale antistante lo stadio è dedicato a Natale Prampolini. Prampolini è stato uno dei più importanti ingegneri della bonifica integrale dell’Agro Pontino. A lui si devono le prime strade di Littoria e anche il primo tracciato per raggiungere Roma, quella che oggi chiamiamo Pontina. E il piazzale davanti ai vigili del fuoco? Si chiama piazzale Carturan, ed è dedicato a Giuliano Carturan, vigile del fuoco ausiliare che morì a vent’anni, sotto le macerie, per aiutare i terremotati della Valle del Belice, una forte scossa gli fu fatale. E il nostro palazzetto dello sport perché viene chiamato “Palabianchini”? Perché intitolato a Nicola Bianchini, e io voglio raccontarvi proprio la sua storia.

 

A Latina il basket è sempre stato uno sport primario, importante quasi più del calcio. Negli anni settanta c’erano due società sportive dove poter iscriversi e giocare a basket. Una stava inizialmente dietro il Palazzo M, poi trasferita dietro l’Opera Balilla, oggi museo Cambellotti, e si chiamava “Cestistica”. L’altra, l’AB Latina, si trovava dietro il Circolo Cittadino. Si giocava sotto dei palloni pressostatici con tanto di tribune.

Quasi tutti i ragazzini di quell’epoca provarono a giocare a basket e io non feci eccezione, ma a tredici anni ero veramente molto basso e quindi dopo un anno abbandonai, preferendo il calcio. Tra quei ragazzini, ricordo, ce ne era uno molto bravo, biondino con i ricciolini, si chiamava Nicola Bianchini e manco a dirlo era veneto, ma non figlio di veneti arrivati durante la bonifica. Lui era arrivato con la famiglia alla fine degli anni sessanta.

Nicola Bianchini mentre tira a canestro, in una delle prime partite con l’AB Latina

La storia di Nicola Bianchini, un Playmaker di razza

Nicola Bianchini nasce a Rovigo il 19 gennaio 1960, ultimo di tre figli. Il papà Giovanni è direttore dello zuccherificio di Rovigo, e nel 1968 viene trasferito in quello di Latina Scalo. Dopo qualche mese porta con se anche la sua famiglia. A Nicola piace il basket sin da piccolo e l’unico luogo dove i bambini possono essere lasciati a giocare, tranquillamente, è l’oratorio dei salesiani di san Marco.

 

È proprio lì che emerge la sua bravura, in quel campo di basket adiacente il campetto di calcio. Ad accorgersene Aldo Odone, un ragazzo che gioca a pallacanestro, amico del fratello di Nicola. Ed è proprio Aldo a portarlo nell’AB Latina dove lui gioca. Luciano Marinelli è il suo primo allenatore e lo fa crescere molto. Nicola fuori dal campo è un ragazzino tranquillo e gracilino, ma quando gioca diventa terribile, quasi impossibile marcarlo, è un vero playmaker, è un funambolo del parterre e fa impazzire gli avversari.

la squadra del minibasket AB Latina, al centro il presidente Ferrazza, con il numero 12 Nicola Bianchini

Se ne accorgono anche a Caserta dove l’AB Latina si gioca il trofeo Coca Cola. Sono le semifinali, gli allenatori delle giovanili sono due, Luciano Marinelli e Aldo Odone. Il Latina vince e va a giocarsi la finale a Brindisi, su un incrociatore, ma la partita è persa per una manciata di punti. Però Nicola risulta tra i ragazzini migliori del torneo, e questo segna il suo cambio di passo nell’affrontare le partite.

 

1973, siamo a Roma e ci sono le finali nazionali dei giochi della gioventù. Alla guida della squadra c’è un nuovo allenatore, Paolo Iannuccelli. Nicola Bianchini ha tredici anni e migliora giorno dopo giorno, partita dopo partita. Gioca così divinamente che viene premiato come miglior giocatore in assoluto di tutto il torneo. Questa sua prestazione e le sue alte potenzialità, convincerà lo staff dell’AB Latina a inserirlo negli allenamenti con il gruppo della prima squadra.

Un giocatore da serie A

1976, Nicola esordisce in serie B, a soli sedici anni, contro la Viola di Reggio Calabria e da spettacolo. Serpentine impressionanti, visione di gioco da grande cestista. Sono tutti meravigliati, sia i compagni di squadra che gli avversari. Diventa così il playmaker di riferimento, insieme al suo amico e scopritore, Aldo Odone.

Nicola Bianchini con il numero 4 in una partita di serie B

In quella stagione l’AB Latina sfiorò la serie A, come la sfiorò anche in quella successiva. Finì a pari merito con la Viola Reggio Calabria, ma la differenza canestri favorì quest’ultima. Nicola Bianchini continuò a giocare, ma anche a studiare fino alla laurea in Economia e Commercio. Dopo aver smesso di giocare si era dedicato, oltre al lavoro di commercialista, ad allenare i ragazzi e anche al volontariato per quelli meno fortunati. Io lo ricordo come un ragazzo garbato e gentile, non molto alto per essere un cestista. Irene Treleani, moglie di Aldo Odone, lo racconta così:

 

Nicola era un ragazzo di un’intelligenza superiore e lo dimostrava anche in campo. Nonostante avesse un fisico gracile compensava con una grande visione di gioco. Poi aveva delle mani molto grandi e nel basket sono un vantaggio non indifferente. Fuori dal campo era un ragazzo educato e finanche troppo tranquillo, ma dentro si trasformava, diventava un trascinatore con le sue azioni irresistibili. Si era sposato con una bravissima cestista, Roberta Carpentiero, avevano avuto un bimbo da pochi mesi quando avvenne la tragedia. Prima Nicola adesso Aldo, due playmaker di razza, il destino con loro non è stato benevolo, ma ora lassù di nuovo insieme

 

Era il 29 aprile 1994, quando Nicola Bianchini venne colpito da un malore improvviso, mentre era a casa con la moglie Roberta e il figlioletto di pochi mesi. Una tragedia anche per gli amici a cui era molto caro. Tra questi il giornalista ed ex allenatore Paolo Iannuccelli che si adoperò, sin da subito, affinché venisse dedicato qualcosa a quel ragazzo che tanto aveva dato allo sport nella sua città.

 

Il sindaco Ajmone Finestra non si fece pregare e rispose subito all’appello. Con la sua giunta, decise di apporre una targa nel campo di basket per ricordarlo a chi lo aveva conosciuto, e a quanti non avessero avuto l’opportunità di conoscerlo. Da allora, il nostro palazzetto dello sport viene chiamato da tutti “Palabianchini”.

 

Ringrazio Ferruccio Bianchini e Irene Treleani, per le foto e per la loro disponibilità.