Arena del circolo, Ascani e Zurzolo la musica che rompe il silenzio di Latina

Arena del circolo, Ascani e Zurzolo la musica che rompe il silenzio di Latina

5 Luglio 2020 0 Di Lidano Grassucci

Non fa caldissimo, anzi si è alzato un vento gradevole che viene dalle colline. Latina è piena di ragazzi che sciamano. Sono tanti, come i gatti che stanno in giardino: non li vedi mai, poi all’ora che sanno del cibo escono tanti, vitali, occhi sgranati di chi vive una vita tutta davanti.

Sono ospite di Alfredo De Santis al Circolo cittadino, “Musica dalla A alla Zeta” dove A sta per Ascani, Riccardo Ascani, e la Zeta sta per Zurzolo, Marco Zurzolo.

Il posto è l’arena del circolo cittadino, le persone sono in fila. C’è la signora elegante che onora l’evento da musica seria, c’è l’artista che è informale per via del permesso che dà l’arte di essere senza la forma che le curiosità non hanno. Sedie numerate per fila e per posto, mascherine di dovere e la timidezza di ricominciare: «Mi dice il presidente De Santis che questo è il primo evento di questo genere nel Lazio post covid», dice Maria Corsetti che presenta. È stupita anche lei di tanta gente. È calata la sera, il cielo è pulitissimo e la luna spunta da dietro il palazzo del circolo come una palla, fa a gara con la bandiera sul pennone del comune che il vento muove. C’è il sindaco, Damiano Coletta che saluta, guarda il pubblico, tanto, e parla di Covid, di ripartenza. Bella la musica, Alfredo De Santis saluta la presidente della Fondazione Campus della musica Elisa Cerocchi, saluta l’ex direttore del conservatorio Fidel Josè Baldin, tra il pubblico vedo Antonio Fraioli, l'”irlandese” Marcello De Dominicis per dire quelli che vedo. Chissà se lo avrà notato il sindaco, se avrà visto di quanto suono siamo pieni e in quanto silenzio siamo condannati. Come sarebbe bello: l’arena del Circolo per il jazz, il teatro d’Annunzio per l’opera e la musica classica, i ragazzi del conservatorio per strada a suonare, e, con il Campus, scuole di musica la sera negli spazi grandi davanti al mare.

Ma è tempo di musica. Se la presentatrice è stupita di tornare nel pubblico, Riccardo Ascani non  è da meno. Chitarra, musica flamenco, accompagnato da Roberto Ippoliti anche lui chitarra e Attilio Celona, percussioni. Passa una motocicletta il motore picchia un poco, un gran rumore come annunciare un diverso suono, ma non  altrove, ma dove la gente vive.

Si direbbe partenza che “quanto mi mancava… “. poi la chitarra comincia a dialogare con chitarra in un crescendo che la mano va dove deve andare e la Spagna con le sue corse è come una rosa che si apre e profuma fino a Cuba e oltre. Il gruppo si intende a passione, scherzano anche tra loro cercando di “imbarazzare” le percussioni che invece fanno come fanno i gatti alla caccia, “restano” ferme e quando riparte la corda della chitarra saltano al collo della musica che ricomincia e non  perdono il passo. Le signore muovono i piedi, il pubblico quasi non fiata, perchè ascolta. Si sente che incalza la voglia… batte l’orologio del comune l’ora e le campane sono quell’ordine rigoroso che la chitarra faceva trasgressiva passione: il battito del cuore da una parte profondo, e il bisogno di muoversi che muove i piedi delle signore.

Ascani, Ippoliti e Celona vanno in crescendo ed è come stare tra ballerine che giocano tra ventagli e gonne e musicisti che non si stancano dell’incanto

Marco Zurzolo non lo “accompagna” il suono della moto che picchia in testa, ma di un’auto con lo stereo da 1000 watt che gira e ti rigira per dire che c’è differenza tra “il rumore e il sax”. La macchina passa e ripassa, lui racconta la sua musica che è Pino Daniele, gigante con gli occhiali, o Gino Paoli accompagnato in Russia in rosa, o il fratello che suonava il contrabbasso e che ora sta in questa musica. Bagnoli è la macchina del fuoco della fonderia, il mostro dell”800 poco moderno come un film in bianco e nero alla tv, poi diventa mare verde alle pietre e cozze mangiate crude.

Nostalgie in forma di sax, la chitarra di Carlo Fimiani “combatte” a fioretto col sax, si allea col contrabbasso di Marco de Tilla, poi le corde si lasciano sedurre dal fiato e la solitudine diventa musica che si accorda, si sfiata… respira e il pubblico canta.

C’è Napoli, c’è la rivolta di un pazzo che può fare tutto, perché la follia fa liberi. È Pino Daniele, è il cappello a sonagli di Pirandello è un mondo che nella follia trova la libertà e la musica si fa rivoluzione.

Il pubblico canta. Riecco la macchina con lo stereo, riecco le campane. La luna ora è più alta, il vento fa coprire le spalle alle signore.

Lui, Marco Zurzolo, finisce quasi a chiedere acqua e fiato. Ha parlato, suonato. Pensate che rivoluzione in una città che non parla, non fiata, non suona.

Grazie ad Alfredo De Santis, alla sua antica cortesia, grazie di aver detto in musica che il bello può stare in un posto dove sostavano le macchine a privilegio e ora è musica alla bellezza. Peccato che il sindaco non si sia fermato a chiedere magari… ma no, no magari: solo a parlare fitto fitto con Fidel Baldin, Elisa Cerocchi, Alfredo il padrone di casa, Marcello de Dominicis, Antonio Fraioli di come fare a suonare.