Sakura: ho incontrato un cinese di nome Alex e il suo amico Luca in un gelato all’oliva

Sakura: ho incontrato un cinese di nome Alex e il suo amico Luca in un gelato all’oliva

15 Agosto 2020 0 Di Lidano Grassucci

“Latina è bella, c’è il mare”. Luca lo dice convinto, da esperto, è stato anche ad Arezzo, sul Lago di Garda. Ma qui c’è il mare. Alex cerca di farsi ricordare e gioca col nome invitando a mangiare. Io qui sono come un marziano al Melogrosso. Perchè Alex e Luca mica si chiamano così, si sono autobattezzati in questo modo per il paese che li ospita.

Come Matteo Ricci il gesuita che alla fine del 1500 va in Cina e ..studia il cinese mandarino e cambia il suo nome, diventando Li Ma Dou e “facendosi cinese con i cinesi“.  Loro si sono fatti italiani tra italiani.

Una storia di tanto tempo fa in cui un uomo dalla solida cultura sfida se stesso e affronta un nuovo mondo.

Luca confessa un amore, dico… “cinese”, lui ma no guardala. Mi presenta una ragazza dagli occhi nerissimi, pelle olivastra e sveglissima, è tunisina e lavora qui.

Qui è il Sakura un locale cino-giapponese che sta a Latina Piccarello vicino il palabowling. Ci sono capitato per invito, io nazionalista setino combattuto tra falia, pasta di fagioli, pastarelle di visciola e fettuccine di nonna. Ma se non sei tu che vai in Cina e nel mondo è il mondo che viene da te. I due, Luca e Alex, mi mettono a mio agio in un locale ordinatissimo che pare uscito da un film di Bruce Lee.

Premetto che di pesce conosco per educazione il baccalà, lo stoccafisso (se non è zuppa è pan bagnato) , il tonno in scatola e le alici, con accanto l’esotica aringa e basta. Qui cominciano a far loro, Alex e Luca e i pesci sono anche crudi. I miei commensali parlano di sushi che nella mia lingua sarebbe : ma che sono questi? Salse di una piccantezza che ti apre il naso. Ci provo, che sarà veleno dice sempre davanti alle cose nuove il mio amico Damiano. Invece, invece sapori diversi ma delicatamente buoni. E’ un viaggio in un altro mondo, il riso dà anima a quasi tutti gli stuzzichini, le porzioni di pesce che arrivano: salmone, branzino. Mi sento, rispetto all’esperienza di questi sapori, come un bambino che fa lallazione per imparare a parlare, che prova i suoni: io provo i sapori. Tutto è confucianamente pulito, il loro lavoro è confucianamente ordinato, puntuale, direi rigoroso.

Alex è addirittura premuroso, mi avventuro nelle salse che per me sono materia prima di un alchimista più che supporto al sapore. I miei commensali vanno di bacchette, io me lo risparmio e cado ad un compromesso: certo niente forchette, ma con le mani. Del resto, resto nel profondo contadino setino e mangiare con le mani è quasi un obbligo, un dovere anche in italiano, figurarsi in cinese.

Ma ecco la chicca, mi propone Alex un gelato alle olive taggiasche (precisa) e all’olio di oliva extavergine. Ora sul pesce pecco e non poco , ma sulle olive e sull’olio gioco in casa,  e nella camera da letto di casa. Dico “ma dai, non si può fare”.

Lui insiste, io sono Matteo Ricci senza essermi spostato da casa e dico proviamo.

Arriva, la diffidenza di vedere l’olio sul gelato c’è, ma quando lo mangio trovo una armonia inaspettata, un equilibrio che fa diventare normale il passo di un uomo sulla fune. In fondo non è male, eccezionali i sorbetti al limone e lime.

Ci salutiamo cordialmente, sono entrato che ero un contadino di sapori, esco un poco samurai giapponese e più confuciano, resto gesuita non abiuro mai, ma ho trovato sapori che non sapevo e buonissimi osti.

 

Nella foto di copertina Alex del Sakura fusion di Latina, via Piccarello