Un saluto a Gianfranco Patrizi che ci siamo incontrati in questo mestieraccio
3 Settembre 2020Giro per internet. per sfogare anche le cose del vivere quotidiano sempre troppo dure per lasciarti indifferente. Giro e leggo distratto per distrarmi. Incrocio il sito di Radio Luna e leggo della morte di Gianfranco Patrizi che con loro lavorava. Faccio questo mestiere da anni e questa “storia” ti porta a conoscere e riconoscere tante persone. Lui era la Rai, arrivava a fare i servizi e si vedeva da lontano, in un mondo di nani era alto e le riprese erano sempre “sopra”. Non dava confidenza, tanto quanto io sono rompipalle con le battute, ci conoscevamo e quindi lui rideva, sorrideva, ai miei paradorri e già il cenno faceva capire. Ogni tanto pareva lamentarsi di certi inutili eventi per c ui scomodare un mondo per parlare di niente o di cose che erano come le galline dei nostri avi: vivevano più da morte che da vive. Capiva subito la portata delle cose, aveva mestiere. I nuovi facevano mille immagini, insulse, lui “coglieva” l’attimo che raccontava tutto. Uomini di un mestiere antico erede del guardare e con uno sguardo capire.
Non condividevo con lui se non questo mestieraccio che facevamo in pochi, anzi ci inventavamo in pochi lustri e lustri fa. Un mestiere che ha bisogno di parole ma non vive di parole. Se ne va uno dei pionieri dell’immagine quando già una fotografia era rara, un filmato era un miracolo. Uno serio, uno del mestiere, di questo duro mestiere che è sempre meglio che lavorare ma che logora .
Aveva 68 anni e una malattia che l’ha portato via.
Ringrazio i colleghi di Radio Luna e Giuliano Radicioli suo editore per avermi concesso la foto