Latina/ Il congresso del Pd e la politica estera

Latina/ Il congresso del Pd e la politica estera

16 Settembre 2020 0 Di Lidano Grassucci

Il partito democratico è l’unico partito, a Latina, che fa congressi, discussioni. E’ un fatto e la verità “fattuale” per dirla con la parodia di Crozza di Vittorio Feltri è cosa buona. Magari ci fossero di confronti anche  maschi. Il Pd è anche il partito dove il confronto è vivace fino al “tafazzismo”, ma… Ma a cosa servono i congressi? Non vorrei entrare nei modelli del Pcus di santa madre Russia ma sono anche occasioni di “esternare” una forza, una immagine, un modello. Bettino Craxi fece fare a Filippo Panseca una piramide. I segni sono il messaggio. Parlano più delle parole, anzi le parole non servono. Nel congresso Psi di Verona, era il 1984, parlarono i dissensi a Enrico Berlinguer. Il congresso è mettersi al centro della scena e da quella scena trarre centralità politica, non è mero fatto interno ma “politica estera”. A Latina , si vota a maggio per il Comune, avrei fatto di necessità virtù: invitato Damiano Coletta con i suoi tentennamenti, ascoltato Alessandro Calvi di un’area che ha nel dna un riformismo di famiglia anni luce distante dal populismo della destra nazionalista, Annalisa Muzio con la sua “società nervosa” di un ansia di fare generosamente ma anche disordinatamente. Avrei ascoltato Francesco Giri, segretario di Lbc, Elisa Giorgi di Italia Viva e i ragazzi, tutti i ragazzi trovando piacere nella loro ingenua ma viva contestazione.

Avrei chiamato il sindacato a parlare di quella ripresa che ha nel lavoro il dramma e l’opportunità di domani, avrei cercato con ansia di parlare di scuola come “diritto” e non come “malattia” con gli insegnanti e non con ministri o manager perchè la scuola è “sinistra”. La politica crea occasioni con la fantasia, chi ricorda che a riportare nel mondo la Cina fu una partita di ping pong? Ad addolcire i comunisti russi fu un venerabile sindaco come Giorgio La Pira che andando a Mosca non perse nulla della sua fede, anzi proprio perchè l’aveva poteva “dialogare” per evitare almeno la catastrofe. La politica è simboli, contaminazione, contraddizione che non prevedi.

Avrei lanciato un patto di buona volontà per il teatro, avrei organizzato un concerto in piazza con i ragazzi del conservatorio. Fatto parlare i medici del Goretti con i loro pazienti, invitato Mario Mellacina a dire della professionalità di restare medici davanti ad un dramma. Avrei fatto politica estera e per tre giorni fatto del Pd l’alfa e l’omega di un dibattito che una volta che riparte è di parte. I partiti debbono tornare nella piazza altrimenti muoiono i partiti, ma anche e soprattutto la piazza.

Certo per me è facile parlare non ho parte, non decido, ma racconto con una facilità onirica estrema, ma se Giulio Verne non avesse pensato 20 mila leghe sotto i mari, o fatto un biglietto dalla terra alla luna la fossa delle Marianne sarebbe un buco allagato, la luna una idea di poeti e Marte orfano dei robot.