Piazza del Popolo, la retrovia della guerra all’epidemia

Piazza del Popolo, la retrovia della guerra all’epidemia

30 Ottobre 2020 0 Di Lidano Grassucci

Forse ci chiuderanno di nuovo, i nostri cuori, comunque, sono già chiusi e cambierebbe poco. Parlano i bolle, parlano di tagliare i contatti. Parlano, parlano. Lo stargate col mondo è il telefono che abbiamo in tasca e da lì ti raccontano “sai chi sta male?”. O tu chiami chi sai che sta male.

Ma a piazza del Popolo a Latina c’è il sole. Un chiaro da abbagliare.

Piazza, bella piazza,
ci passò una lepre pazza:
il pollice la vide, 
l’indice l’uccise,
il medio la scorticò,
l’anulare la cucinò,
e il mignolino se la mangiò.

La piazza è pulita da questa luce, è come se la volesse donare generosa ai viventi mascherati e cupi. La paura sta dentro, nell’idea che se passo qui domani, forse, non passerò.

E’ grande piazza del Popolo possiamo starci in più di cento e cento ancora i più senza neanche vederci negli occhi. Ma non è grande per questa paura che ci concerne. Passa un signore indaffarato per i “comandi” è vestito da “sicurezza” sarà un avvocato o la speranza di uno che può fare qualcosa. Ci sono gli umarel a guardare il taglio dell’erba al giardino condannato ad essere per sempre nano. Il tempo non conta più e la torre ha nascosto l’orologio e non si capisce che tempo è. Ci passa una ragazza recentemente bella che un poco si sente una modella. C’è un bambino che gioca con le bolle, le segue, le fa andare più in alto e ci resta male quando finiscono in uno schizzo sul muso.

Qui, in questa piazza il sole non  ha paura, ma il resto sì. Che posto bello dove hai il sole quasi sempre bello, che posto bello dove è tutto che si fa vedere in piano e largo che puoi camminare in due per mano.

Piazza del Popolo aspetta, aspetta con pazienza questa guerra di cui è retrovia di un fronte che non c’è. La signora passa con la spesa, nella borsa traspare un pomodoro pachino che, col sale, darà sapore alla cena col formaggio da grattare.

Piazza bella piazza ci passo una lepre pazza

Ci passarono dieci morti
i tacchi, e i legni degli ufficiali,
teste calve, politicanti
un metro e mezzo senza le ali,
ci passai con la barba lunga
per coprire le mie vergogne,
ci passai con i pugni in tasca
senza sassi per le carogne