Il Kintsugi: l’arte dell’imperfezione

Il Kintsugi: l’arte dell’imperfezione

23 Aprile 2021 1 Di Fatto a Latina

Il Kintsugi: l’arte dell’imperfezione

Di Matteo Felici 

In una delle frasi più celebri di Fight Club, Tyler Durden si rivolge al protagonista dicendogli: “Le cose che possiedi alla fine ti possiedono”.

Ma non sempre è così.

Una leggenda giapponese racconta di quando lo shogun Ashikaga Yoshimasa ruppe e fece riparare la sua tazza di porcellana preferita. Quando gli fu restituita era tenuta insieme da antiestetici punti metallici e, sebbene potesse ancora usarla, ne fu deluso. Sperando di riportarla alla sua antica bellezza, chiese a un artigiano di trovare una soluzione più elegante. Questi volle provare una nuova tecnica, che aggiungesse invece di togliere, inserendo in ogni crepa una resina laccata, mescolata con oro. Quando vide la tazza, lo shogun pensò che le strisce dorate ne aumentassero il valore.

 

https://pin.it/TpRBexU – Un esempio di Kintsugi


La tecnica utilizzata di cui parlo prende il nome di 
Kintsugi falegnameria d’oro – ed è diventata parte integrante della filosofia giapponese.

In base al principio del Kintsugi, il valore di un oggetto non risiede nella sua bellezza ma nelle sue imperfezioni, che non devono essere nascoste, ma celebrate.

 

https://pin.it/31BI2xY


Questa storia ci insegna qualcosa di molto importante. Trovo affascinante l’idea di dare nuova vita a oggetti che altrimenti finirebbero gettati via.

Nella società consumista troppo spesso vecchio significa inutile, e riparare un oggetto può sembrare una perdita di tempo e denaro. Al contrario, comprare poco e bene, recarsi nel negozio fisico ed evitare il fascino che esercita la comodità di poter acquistare tutto con un semplice click, ci permette di risparmiare e inquinare meno.

In questo modo potremmo scoprire cose che, isolati nel nostro mondo virtuale, finiremmo con ignorare.

Se non siete convinti, vi invito a riflettere su una cosa: quante volte ci siamo sentiti a pezzi come quella ciotola, incapaci di reagire, pieni di cicatrici fisiche o spirituali? Quante volte avremmo avuto bisogno di una parola gentile o di una seconda occasione per far risaltare le nostre qualità? “There is a crack, a crack in everything. That’s how the light gets in” (“C’è una crepa, una crepa in ogni cosa. È così che entra la luce”).


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