Il clamoroso furto delle pannocchie

Il clamoroso furto delle pannocchie

29 Aprile 2021 0 Di Lidano Grassucci

La ragazza aveva il dispetto disegnato, aveva la testa così audace da aver “già pensato il reato”. Non te ne accorgevi e già era nascosta tra i rami di ciliegio a prendere le “cerasa” più nere, quelle in cima, quelle che sono state più ingorde di sole. Quelle che quelli sotto non conosceranno mai destinati alle “cerasa” rosse che saranno le uniche ad arrivere a terra.

Dispettosa, come scoiattolo da ramo a ramo, unghie come micia e lo stesso dispetto negli occhi.

Ma la rapina lassù in cima è come la ciliegia del vivere: una tira l’altra e…

Di lontano un campo a granoturco (a formenton, a ciciuliano, a mais fate voi) ancora verde ma già grande. Il ladro di sapori in genere non trascura alcun bottino, ma quello era sopraffino quanto l’appunto sull’albero di fico che sarebbe stato il prossimo assalito. Ma ora c’era la destrezza delle pannocchie nel loro vestito verde attillato.

Da l’ordine al ragazzo che fa il macho ma è già soggiogato, che strano il gioco del tempo in cui le ragazze prendono il volo a donne fatte e i ragazzi sono ancora bimbi in ragazzi incerti e loro gli insegnano la vita della “malfatteria”. Aria furba in pancia piena di cerase e progetto stabilito.

Prenderanno le pannocchie sul far della sera con la bicicletta sulla strada che costeggia il campo lungo ed il primo podere neanche si vede. Rapidi nella fuga in controsole che il fattore ha il trattore.

La ragazza è precisa e la bocca ancora rossa delle ciliegie troppo tante da essere allo stomaco leggermente pesanti.

Corre, corre, per essere in forma per il colpo forte, quello che la farà “criminale a vita”

Si presenta lui con la bici, con l’aria da malfamato pur non avendo deciso niente, lei giunge con la sua “torpedine” e si procede. Il campo di mais è un rettangolo per quanto immenso perfetto, pare un muro da costeggiare tutto, ad un terzo lei ferma la squadra (se pure di due sole unità) e infida il luogo del malfare: il ragazzo scende e corre è tra i giganti di granoturco e strappa le pannocchie più grosse, mette un braccio a fare da magazzino, l’altra da scavatore di quel ben di dio. Rapido, rapido come Arsenio Lupin.

E’ già fuori, il cuore sta a mille, all’orizzonte non si vede trattore ma solo un irrigatore che comincia a sputare l’acqua del canale.

La “banda” ora si ritira con il bottino ad una velocità che Gimondi era un dilettante.

Le consumeranno la sera con una brace che fa gradevole calore nelle sere in cui il freddo sta per andare a morire ma non ne vuole ancora sapere.

Mangiano pannocchie cotte con la soddisfazione che hanno i ladri di corso lungo, dolci di amido, saporite di fumo.

Si ferma un furgone è il contadino dei campi di grano turco, ha le braccia piene di pannocchie “sono per voi ragazzi, vedo che vi piacciono”. Ride saluta e se ne va.

Ma che buone le pannocchie rubate fatte alla brace.