La libertà, ode giacobina

La libertà, ode giacobina

15 Maggio 2021 0 Di Lidano Grassucci

Cara amica ti scrivo da dove sono ora, lo so che sei una idea ma io ti scrivo ancora.

Ti scrivo di mano ferma che labile è il pensiero e la vita è buco di distanze. Mi sentivo fiero, oggi mi sento che intorno verrà il nero.

Non so correre tanto, non so fermarmi affatto, in mezzo c’è il passo. Sì sei un’idea, sei come quella attesa di un sole sorgente e la sorgente è vita, ma come la vita fugge via mentre la vivi e restano mani bagnate.

Avevi un berretto frigio in testa, un albero di libertà nella piazza, io ho anche ballato col tiranno, peccato alla libertà. Ma no, no il bacio non l’ho dato, amata libertà. Ottoni e pifferi che annunciavano soldati, ho applaudito madama libertà. Poi sono tornato e era divelto il simbolo, cappello frigio.

Cara amica ti scrivo da dove sono ora, lo so che sei una idea ma ti scrivo ancora, il cielo una nube di candore pare balene al tuffo e intorno l’azzurro “accieca”, io sono fermo a quella idea che mi incontro in un tempo di stelle e da allora mi guida e di ciascuna ho tempo nella mente.

Berretto frigio, canti di Marsiglia lontana e sei libertà che guida il popolo, generoso impeto al tiranno che è questo affanno.

So bene che non mi leggerai, che aggirerai le parole, ne farai zuppa di pane raffermo, ma le lettere sono sempre destinate al vento, i fogli volano e l’inchiostro si fa fantasma di se stesso e si schiude. Amo la libertà, ma la libertà ha per prezzo il terrore quando cerca virtu’. Un amore nella rivoluzione appare impossibile per questo è nella sua bellezza.

Ti scrivo da qui, re e tiranni torneranno tu ricorderai l’offesa dei tuoi giacobini, io sanculotto ho sentito l’aroma di miele, io che avevo solo poco pane.

Ti amo libertà, tu senti il vento se puoi.

Ora pifferi e ottoni dei soldati del re riempiono le strade, dove sei libertà