Maria Cocco, la leggendaria ostetrica di Littoria/Latina

Maria Cocco, la leggendaria ostetrica di Littoria/Latina

19 Settembre 2021 2 Di Emilio Andreoli

Ci sono state alcune donne nella nostra città che avrebbero meritato non una via o una piazza, ma una statua intera. Incredibilmente a Latina non vengono mai ricordate queste figure importanti che hanno dato molto, nella loro vita, all’intera comunità. E non lo dico per la quota rosa, è una questione di meriti. Mi viene in mente Maria Corsetti conosciuta come la signora Porfiri, che perse prima il figlio Giorgio e poi il marito Achille, è lei che alla fine ha donato alla città un intero padiglione dell’ospedale, e non ci crederete, a lei non è dedicato nulla. Un’altra donna dimenticata da tutte le amministrazioni è Maria Cocco, l’ostetrica che fece nascere migliaia e migliaia di bambini, dagli anni trenta fino al 1974, da Littoria a Latina. Qualcuno però, la ricorda ancora con grande affetto.

 

Sono anni che cerco foto e notizie di Maria Cocco, l’ostetrica che mi fece nascere. Per me era diventato un chiodo fisso, dovevo trovare assolutamente qualcuno che mi aiutasse in questa spasmodica ricerca, e non è stato facile. Sembrava quasi che la Cocco fosse solo leggenda, una figura mitologica della nostra città… allora mi è venuta in mente la prof Giusi Caddeo Del Grande, mia cara amica, fonte di ricordi della nostra giovane comunità, da Littoria a Latina. Se alla fine sono riuscito a realizzare questo racconto lo devo proprio a lei.

Littoria: la nuova città che aveva bisogno di tutto, anche di far nascere i bambini

Prima della fondazione ad arrivare per primi furono i medici, di cui c’era tanto bisogno, soprattutto per la malaria. Ma una volta nata la città, con l’arrivo dei migranti, oltre alle prime attività commerciali necessarie, c’era una estrema necessità di ostetriche, perché i bambini nascevano in continuazione, considerando che Littoria, dall’anno zero, arrivò dopo quattro anni a ventimila abitanti.

Maria Cocco fu una delle prime ostetriche di Littoria, ma non so di preciso la data e neanche la circostanza del suo arrivo, pare fosse emiliana della provincia di Piacenza. So per certo che nel 1934 fece nascere una delle sorelle Cinelli, ma sono convinto che non fu il suo primo parto a Littoria. La Cocco girava in bicicletta senza fermarsi mai, andava da una casa all’altra ad assistere le partorienti, notte e giorno, finanche nei borghi dove era considerata un mito.

Una donna instancabile, ma soprattutto una donna libera che all’epoca faceva notizia. Aveva scelto la libera professione, rifiutando un posto fisso nell’ospedale cittadino. Sarà stata per la sua disponibilità verso le persone, nonostante un carattere all’apparenza austero, che divenne una delle figure più amate della città.

L’Ordine delle Ostetriche

Qualche giorno fa sento telefonicamente la mia amica Giusi per fare il punto della situazione, e lei mi consiglia di provare ad andare all’Ordine delle Ostetriche Provinciale di Latina in via Diaz, accanto alla libreria Feltrinelli, sinceramente non ne conoscevo l’esistenza. Il giorno dopo, per saperne di più sulla mitica signora Cocco, faccio irruzione nella sede interrompendo il silenzio che regna nella stanza dove due ragazze lavorano al computer, la vicepresidente Francesca Bracchi e la segretaria Rosalba Turchi. Dopo aver spiegato cosa sto cercando si sono subito attivate, ovviamente dopo aver avuto il consenso della presidente dell’Ordine Marialisa Coluzzi.

1946 verbale di assemblea del Collegio delle Ostetriche della provincia di Latina. Maria Cocco è la presidente.

Con un giro di telefonate riescono a contattare un’ostetrica, Bruna Sibio, che ha conosciuto la Cocco. Nel frattempo da un armadio esce fuori un registro d’epoca, resistito alla distruzione dei documenti che avviene ogni venti anni. Confesso che sono emozionato, i documenti con i fogli ingialliti dallo scorrere del tempo mi affascinano. È un verbale di assemblea datato 13 settembre 1946, Maria Cocco risulta presidente del Collegio delle Ostetriche della Provincia di Latina. Lo sarà fino al 1950, dal 1951 al 1954 consigliera, e dal 1955 al 1960 di nuovo presidente.

1946 timbro e firma di Maria Cocco, nel verbale del Collegio delle Ostetriche della provincia di Latina

Le testimonianze

Signora Bruna, quando ha conosciuto Maria Cocco?

Io sono arrivata dalla Calabria a Latina nell’estate del 1970, mi ero appena diplomata in ostetricia. Qui avevo mia sorella e volevo riposarmi qualche giorno dopo gli esami. Ma inaspettatamente mi chiamarono dall’ospedale Santa Maria Goretti perché erano in emergenza, nascevano dai sette agli otto bambini al giorno e avevano urgente bisogno di ostetriche. Avevano saputo di me da un’amica di mia sorella. Accettai anche per fare esperienza. In quell’ambiente sentii nominare più volte l’ostetrica Maria Cocco. Per tutti era un mito, allora decisi di andarla a conoscere. Mi presentai nel suo studio con un po’ di timore reverenziale, Invece lei mi accolse con una disponibilità disarmante, mi raccontò delle sue esperienze e mi diede molti consigli. Comunque in quello studio capii tutta la sua passione

Poi l’ha più rivista?

Dopo quell’estate impegnativa, avevo lavorato dodici ore al giorno in ospedale, tornai in Calabria, feci un concorso e lo vinsi. Dovevo solo scegliere la destinazione e tra queste c’era anche Latina. A fine settembre ero di nuovo in ospedale a lavorare, però andai di nuovo a trovare Maria Cocco, non so dire perché. Quella donna aveva un grande carisma e forse, avevo bisogno di acquisire sicurezza che lei mi diede. Mi disse: “Durante l’assistenza al parto bisogna essere sempre tranquille, non avere fretta e la tranquillità trasmetterla alla partoriente, mai perdere la calma anche se si tratta di un parto difficile e se alla fine sei costretta a rivolgerti a un medico l’ostetrica ha fallito”. Mi consigliò inoltre di studiare sempre. Poi concluse dicendo: “La nostra professione non si limita solo al parto, le donne vanno seguite fino alla menopausa”. Io però scelsi l’ospedale perché avevo capito che i tempi erano cambiati e che le donne non avrebbero più partorito in casa. E pensare che oggi, c’è una inversione di tendenza e il sistema che attuava la Cocco sta tornando in auge, cioè il rapporto immediato madre e figli senza distacco

Da sx la prof Giusi Caddeo Del Grande, l’ostetrica Maria Cocco e una mamma che ha appena partorito

La prof Giusi Caddeo del Grande ha raccolto qualche testimonianza

Ho chiesto notizie a diverse persone del mio tempo e mi hanno detto in molte di essere state assistite da lei  durante le loro gravidanze e i parti. La Cocco è sempre stata libera professionista, si appoggiava a volte alla clinica San Marco, aveva stima del dottor Gnessi. Con molte famiglie instaurava un rapporto amichevole, tanto che si fermava volentieri a pranzo. Con chi non aveva mezzi, le sue prestazioni erano gratuite, ma sempre assidue e accurate come con i signori, anche i più agiati. Non faceva differenze. Quando non c’era l’assistenza medica e lavorava nelle case, mi dicono che per dar sollievo alle partorienti facesse bere loro un sorso di cognac. Non so se sia vero. Ad una partoriente di un borgo riuscì a farle superare un momento critico, tanto che temevano che la bimba non sarebbe sopravvissuta. Aveva  grande stima da parte dei medici e molti la chiamavano per averla vicina. Un’infermiera mi raccontò che una volta in una casa colonica, dove la Cocco era andata con un giovane medico, il parto si presentava  molto difficile, il bambino non era in buona posizione e per giunta serviva l’impiego del forcipe. Il medico era indeciso e preoccupato, il bimbo era in sofferenza e rischiava di morire, non c’era tempo da perdere. La Cocco fece tutto da sola e andò bene. Riusciva a dare a chi si rivolgeva a lei grande serenità. Aveva modi bruschi, un carattere molto deciso ed aperto, una voce  forte e impartiva al momento richiesto ordini precisi assumendosi ogni responsabilità. Nella sua vita ha fatto partorire madri figlie e anche qualche nipote. Per i miei tre figli sono sempre andata da lei, fidandomi solo di lei. Mi rivolgevo al medico solo nel momento del parto per poter andare in clinica. Quando è nata la mia seconda bambina, la Cocco aveva la febbre. Le telefonai alle 10 di sera le dissi che per scrupolo andavo in clinica e che l’aspettavo la mattina dopo, pensando che ci volesse tempo. Quando arrivai alla San Marco la trovai già lì, mi disse che era ora e non sarebbe servito chiamare un medico e raccolse la mia Francesca. Invece mio figlio nato nel ’74 non lo fece nascere lei perché si era già ammalata, aveva un tumore, ma seguì lo stesso la gravidanza e anche dopo il parto venne a darmi una mano con il bimbo. Fu una delle prime a fare la chemioterapia e per qualche tempo le diede respiro

Mia mamma mi dice:

Era sera quando stava per nascere tua sorella, la signora Cocco venne e mi disse che avevo ancora qualche ora da aspettare, e tuo padre l’accompagnò a casa di Incollingo, anche la moglie stava per partorire. Alle tre di notte tornò e fece nascere Vanda, e  poi subito di corsa di nuovo dalla signora Incollingo che partorì alle nove. Poi ritornò da me per vedere se tutto andava bene e trovò tuo padre sul letto che si sbaciucchiava la bimba appena nata, e la Cocco gliene disse di tutti i colori

E quando sono nato io?

“Tuo padre non si azzardò”

Maria Cocco fece nascere migliaia e migliaia di bimbi in oltre quaranta anni di professione, alcuni sono sopravvissuti grazie alle sue capacità. Di quei bimbi molti oggi sono ultraottantenni, tra quelli più giovani c’è anche mia moglie. L’ultimo parto risale al 1974. Un paio di anni dopo fu costretta a lasciare Latina e per lei fu un grande dolore. Il suo amato marito Giovanni Benvenuti, apprezzato commercialista, si ammalò gravemente e lei non ebbe più la forza di accudirlo e quindi tornò in alt’Italia, dove aveva ancora qualche parente.

Alla fine degli anni settanta morì in solitudine in una casa di cura, forse con in mente tutti quei bimbi che lei aveva fatto nascere qui nella sua città, perché, ironia della sorte, la Cocco non poté avere figli. A lei penso spesso con affetto, la ricordo bene perché abitava nel palazzo dove mi fece nascere, di fronte l’Hotel Europa. Ricordo i suoi capelli bianchi e la sua dolcezza che nascondeva dietro quel volto austero. Questo racconto glielo dovevo perché un po’ siamo tutti figli suoi. Avverto il prossimo sindaco che sarò una goccia cinese, perché una donna così non si può dimenticare.