Sabaudia e quel gusto di sceglierci gli alberi per non diventare anonimi

Sabaudia e quel gusto di sceglierci gli alberi per non diventare anonimi

11 Gennaio 2022 0 Di daniela Carfagna

Si è fatto un gran parlare di alberature in questi giorni, di progetti, di finanziamenti. Andrei cauta su tutto, ogni intervento su questa città è stato nefasto, anche quelli fatti in buona fede e per una giusta causa.

È fragile Sabaudia, delicata, dagli equilibri quasi assoluti, direi…. Ogni intervento va pensato, meditato, condiviso…

È vero sono una controcorrente, con i pensieri in disordine, che sta sempre da un’altra parte, che alla marea non si è mai adeguata, ma basta guardare alla storia per evitare di sbagliare. Il piano regolatore del ’77 non è stato poi così lungimirante, il piano di fondazione ha ancora un suo perché, i misfatti perpetrati a danno della nostra città sono nati proprio dal non rispetto di quei canoni, da quelle regole semplici :altezza degli edifici, larghezza delle strade e dei marciapiedi, materiali, forme. Non trasformiamo Sabaudia in una città qualunque, non danneggiamo l’impianto urbanistico, come hanno fatto città a noi vicine. Il pratone, la zona ex spes era stata disegnata con grande cura, non disperdiamo, copiamo, innoviamo, ma nel solco della tradizione.

Manteniamo ciò che abbiamo di più importante, la riconoscibilità…… Per le alberature i lecci lasciamoli nella foresta dove sono nati. Torniamo per il centro storico agli oleandri, ai cercis, ai prunus….

Cipressi e pini sono forme geometriche che donano magia, che catturano anche lo sguardo più distratto, il verde che diventa disegno, sfere, piramidi, cerchi e triangoli, scolpite nell’azzurro a sottolineare le vie del paesaggio, forse per questo hanno incantato anche Piccinato, Scalpelli, Cancellotti e Montuori, quando hanno immaginato i viali che avrebbero alleggerito le nostre immense strade del centro urbano. La grande aiuola spartitraffico che conduce dalla scuola forestale, a via Carlo Alberto, ne reca ancora un pallido ricordo, mentre di quella di fronte all’ex ospedale, non ne rimane che qualche umile e modestissima traccia.

Così le alberature scelte per il belvedere e per quelle che conducevano all’imbarcadero, dove ora sorge il ponte. Verde e ancora verde che attraverso la cellulosa rendeva balsamica l’aria, che dopo la pioggia o con la rugiada del mattino diventava ricamo di luce. Tutto ha un perché, ogni scelta ha una ragione, profonda, meditata, sognata e poi fatta realtà. Daniela e i suoi pensieri in disordine