Giovannino Duranti, il pescatore arrivato a Littoria dal mare
1 Maggio 2022Ci sono storie difficili da raccontare, perché difficili da ricostruire. Storie lontane, che sembrano così lontane anche da chi le ha vissute veramente. Poi pian piano i ricordi diradano la nebbia che offusca il tempo passato, e alla fine ne resti affascinato fino a immergerti per intero nel racconto. Questa è una storia che profuma di mare, un profumo che si mescola in estate con l’odore della sabbia bollente e cambia d’inverno, quando il mare in burrasca si infrange sugli scogli e l’odore diventa ancora più intenso… Oggi Vi voglio raccontare la storia di un pescatore che a Littoria non arrivò via terra come tutti, ma arrivò dal mare insieme alla sua famiglia. Sbarcò a Foce Verde e il suo nome divenne parte fondamentale di quel luogo. Quel pescatore si chiamava Giovannino Duranti.
A Latina molti luoghi sono legati ai nomi delle persone, o alle attività, che quasi prevaricano il nome del luogo stesso. Se devo dare un appuntamento a Foce Verde dico: “ci vediamo da Giovannino” senza nominare il luogo. Proprio per questo, mi è venuto in mente di approfondire e raccontarvi la storia del primo ristorante del nostro lungomare, aperto dal pescatore Giovannino Duranti.
Erano gli anni sessanta e io ero un bambino, quando mio padre ci portava a mangiare lì, in quel ristorante, la domenica a pranzo. Pranzare da Giovannino con le mareggiate era uno spettacolo. Mi mettevo vicino la vetrata per vedere le onde infrangersi impetuosamente sugli scogli. Gli schizzi sul vetro erano così violenti che sembrava potesse rompersi da un momento all’altro. Quelle mareggiate non le ho mai dimenticate. Sembra di sentirne ancora il rumore. Oggi davanti a Giovannino c’è una spiaggia immensa e, grazie ai lavori di ripascimento effettuati decine di anni fa, quegli scogli non ci sono più.
La storia di Giovannino Duranti
Giovannino Duranti nasce a Ponza il 19 giugno del 1916. Il papà Umberto è un ex cocchiere del re Vittorio Emanuele III. È romano ed è esiliato sull’isola di Ponza, perché considerato sovversivo a causa dei tumulti politici dopo la guerra Italo-Turca, combattuta dal Regno d’Italia contro l’Impero ottomano, tra il 1911 e il 1912. Sull’isola conosce una ragazza del luogo, Maria Assunta, da cui avrà tre figli e il primo sarà Giovannino.
Umberto dovrà scontare diversi anni di esilio e Giovannino cresce tra i vicoli e il mare di Ponza. La scuola per lui finisce alle elementari e già da bambino inizia a pescare. I pescatori più anziani saranno la sua scuola migliore. Nella metà degli anni trenta, il padre finisce di scontare la sua pena e non vede l’ora di andare via da quell’isola, che pur bella, è stata la sua prigione. Giovannino intanto ha una barca tutta sua e quando il papà gli manifesta la sua intenzione, lui non esita a caricare la famiglia e tutto il mobilio, per salpare e dirigersi verso la costa dell’Agro Pontino, dove hanno fondato la città nuova di Littoria.
Dopo qualche ora di navigazione approdano a Foce Verde, in quel luogo non c’è ancora nulla, solo qualche podere. Il lungomare è ancora selvaggio. Per dormire trovano una piccola abitazione a Borgo Santa Maria, ma la madre vuole vivere sul mare e il marito e il figlio l’accontentano, costruendo una baracca di legno sulla spiaggia che diverrà la loro dimora. Giovannino ogni mattina, con la sua barca, va a pescare e torna sempre carico di pesci che vende in città. Con il ricavato sistema al meglio la baracca e, al piano terra, la madre inizia a cucinare per i viandanti il pescato del figlio. Nel 1939 avrà anche la licenza dal comune di Littoria.
Iniziano gli anni terribili della guerra e Giovannino, come tutti i giovani, sarà chiamato alle armi. Visto il suo curriculum viene arruolato nella Regia Marina. La guerra si fa sempre più dura e lui viene assegnato per una missione su un sommergibile, ma ha come una premonizione e affida le sue preghiere alla Madonna di Pompei, di cui è molto devoto. La prega affinché accada qualcosa per non farlo partire e le fa un voto: se avrà un figlio lo chiamerà Pompeo. Il giorno dopo ha la febbre altissima e viene rispedito a casa. Il sommergibile sarà poi abbattuto e dell’equipaggio non si salverà nessuno.
In guerra Giovannino conosce un militare dell’aeronautica, Angelo Tilli, con cui stringe una profonda amicizia. Un giorno gli mostra una foto della sua famiglia, che vive a Perugia, e Giovannino rimane colpito dalla sorella di Angelo. Si innamora di lei attraverso quell’immagine. Nel 1942 lo accompagna a Perugia, e si dichiara a Margherita che non riesce a resistere a quel bel ragazzo abbronzato e affascinante. Non perderanno tempo, si sposeranno lo stesso anno e nel 1943 nascerà il loro primo figlio che chiamerà Pompeo, come promesso alla Madonna di Pompei. Nasceranno poi: Assunta, Adele, Umberto e Giuseppina.
La famiglia cresce e nel 1949 sistema definitivamente casa, aiutato dall’architetto D’Erme che disegna il progetto. Gli affari vanno bene e il ristorante, ora che è ristrutturato, va ancora meglio, ma lui se ne occupa sempre meno. Ogni giorno, all’alba, va a pescare e al ritorno porta il pescato alla moglie per il fabbisogno giornaliero del ristorante, quello eccedente lo vende alle pescherie. Negli anni aumenta la sua piccola flotta con altre cinque barche da pesca che chiamerà ognuna con il nome dei suoi cinque figli. Alcuni marinai che lavorano con lui li fa arrivare da Ponza, perché sa che sono tra i migliori pescatori del mar Tirreno.
Oltre al suo lavoro, a Giovannino piace andare a caccia e fare la bella vita. L’estate, quando la pesca si ferma, prende il suo veliero e trascorre diverse settimane con i suoi amici tra Ponza e Palmarola, dove possiede una grotta attrezzata con tutte le comodità. Coltiva amicizie nell’alta borghesia romana. Spesso va a caccia sull’isola di Zannone, ospite del marchese Camillo Casati Stampa. Intanto il ristorante lo manda avanti molto bene Margherita con i suoi figli più grandi, ed è anche ben frequentato. Molti attori e registi, dalla Capitale, vanno a mangiare il pesce lì. Tra questi Vittorio Gassman, Federico Fellini, Alberto Sordi, Dino Risi, Vittorio de Sica.
La zona di Latina per un periodo fu palcoscenico di molti set cinematografici. Girarono tantissimi film negli anni sessanta, soprattutto sul lungomare e qualcuno anche all’interno del ristorante. Assunta, la figlia di Giovannino, allora adolescente, era stata adocchiata da Vittorio De Sica che la voleva a tutti i costi nel film la Ciociara, per interpretare la figlia di Cesira (Sofia Loren), ma Giovannino disse al regista che preferiva farle lavare i piatti piuttosto che farle fare quel ruolo.
L’incontro con Giusy, l’ultima figlia di Giovannino
Giusy è l’ultima figlia di Giovannino. Ci conosciamo da molti anni ed è ben felice di raccontarmi della sua famiglia. I suoi fratelli e le sue sorelle, che erano molto più grandi di lei, purtroppo sono venuti a mancare già da qualche anno. Giusy gestisce il tabacchi nello stabile di famiglia e aiuta il figlio Umberto nella sua pizzeria che confina con la tabaccheria.
Giusy, che ricordo hai di tuo padre?
“Mio padre lo ricordo molto severo, dovevamo fare tutto quello che diceva lui, anche se non ci ha mai fatto mancare nulla. Poi ogni tanto spariva per le sue battute di caccia, e non solo, e noi eravamo un po’ più liberi”
Quindi oltre le battute di caccia faceva altro?
“Beh, mio padre non è stato un santo. Era un “Don Giovanni”, ha avuto molte donne, anche dell’alta società. Certo a Zannone andava a cacciare con il marchese Casati Stampa, ma si sapeva bene cosa accadeva la sera su quell’isola”
E tua mamma cosa diceva?
“Mia mamma si era rassegnata. Quando le dicevamo qualcosa lei rispondeva che non poteva fare nulla. Solo una volta si ribellò. Mio padre si era invaghito di una cameriera molto giovane e stava per andarsene con lei, mia madre lo fece riflettere e si fermò”
E con i tuoi fratelli?
“Aveva un debole per mio fratello Umberto, se lo portava sempre con se. Avevano le stesse passioni: la pesca, la caccia e le donne. Purtroppo morì giovanissimo, era il 19 novembre del 1977 e aveva solo ventiquattro anni. Mentre tagliava l’erba nel cortile gli venne un aneurisma cerebrale. Mio padre da quel giorno non fu più lo stesso, viveva bevendo acqua e fumando sigarette. Il 3 dicembre dell’anno successivo morì anche lui. Io avevo appena sedici anni”
E il veliero che fine fece?
“Mio padre era un uomo generoso. A parte i soldi prestati agli amici, che non aveva il coraggio di richiedere, una parte della casa la regalò a sua sorella che era in difficoltà economica, e la stessa cosa fece con il veliero. Dopo la morte di mio fratello lo diede a un suo amico, senza chiedere nulla in cambio. Quando morì ci dovemmo rimboccare le maniche. Sulla vita privata di mio padre si potrebbe scrivere un libro” Conclude Giusy.
L’idea di scrivere un libro su Giovannino non sarebbe male. Un bel romanzo… ma sarebbe vietato ai minori.
Dedico questo racconto al grande chef Nanni Martellossi, nipote di Giovannino, scomparso dopo una lunga malattia a settembre del 2021