Narrare

Narrare

22 Ottobre 2022 0 Di Lidano Grassucci

Un populu

mittitulu a catina, spugghiatulu,

attuppatici a vucca,  è ancora libiru. 

Livatici u travagghiu , u passaportu 

a tavola unni mancia 

u lettu unni dormi  è ancora riccu.

Un populu, diventa poviru e servu  quannu ci arrubbano a lingua  addutata di patri:

è persu pi sempri.  

Ignazio Buttitta, poeta

NARRARE

Ciò che porta la storia fuori da se stessa, facendola venire al mondo, è il gesto di raccontarla. Che non è un gesto naturale ed indolore

Alessandro Baricco

Ma quando racconti, anche se con dovizia, resta fuori qualcosa. Resta fuori l’intorno, resta fuori della storia un mare di storia, per farne del complesso uno.

Riconosco rocce di calcare che il sole ha fatto grigie la pioggia scavato, il vento levigato ma il tutto in questo mio racconto è un attimo, nel vero milioni di anni.

Ogni giorno incontro mille fiori a maggio, milioni di foglie cadute a novembre e in mezzo mille cose, un milione di altre cose.

C’è dunque una riduzione da fare, l’espediente tecnico con cui si riduce una storia al formato del racconto è la trama

Alessandro Baricco

Una trama, fare di tutti i fili del mondo un intreccio di due soli, ma lunghi tanto da farti un vestito con l’ordito. Tanto da fare un abito che può essere seducente, indifferente, strappato, straccio o manto in mille modi ancora che anche se la trama costringe, la trama dipinge il quadro raccontato.

Eccolo ora questo mio disperato gioco narrato, descritto nei particolari.

Seguo la storia di un poeta, la narro con le fotografie, che corredano le mie utopie.

Alla sera vedo donne bellissime
da Venezia arrivare fin qua.
E salire le scale e frusciare
come mazzi di rose.
Il profumo rimane nell’aria
quando la porta si chiude
ed allora le immagino nude aspettare

Francesco De Gregori, Il cuoco di Salò

Anche una fine può essere un racconto, anche una fine senza gloria, fatta di milioni di torti, di corpi straziati ha l’amore in corpi appassionati e profumi che invadono scaloni enormi davanti ad un lago dove si dovrà finire.

piove su i mirti divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti silvani,
piove su le nostre mani ignude

Gabriele D’Annunzio, la pioggia nel pineto

Cosa volete che sia una fine ed una pioggia, ma guardate il viso bagnato di quella divina che viene da Milano che cerca udienza per il giovinotto scomparso senza regalarle pace, si sarà fatto partigiano ma per lei era solo un amico caro, nella trama del suo amare ed amare lui.

Le cose girano per il verso che hanno il mondo è così ampio, il racconto è una gocciolina. Fa freddo la mattina.

Oppresso d’amor, di piacere,
il popol de’ vivi s’addorme…
O falce calante, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!

Gabriele D’Annunzio, Falce di luna calante

A, dimenticavo, non cercate tra le parole, non tramate nella trama, semplicemente “leggete” i suoni, “leggete” i profumi. Questo è.

 

Nella foto: Tiepolo, il cantastorie