Oliviero Sezzi, il suo bar compie settantacinque anni

Oliviero Sezzi, il suo bar compie settantacinque anni

27 Novembre 2022 0 Di Emilio Andreoli

Ognuno di noi ha una parte della propria storia legata ad una via, ed è la via in cui abbiamo vissuto la fanciullezza. Adriano Celentano, in una canzone indimenticabile, ricorda la sua: “Il ragazzo della via Gluck”. Per me via Gluck è via Emanuele Filiberto, dove sono nato e cresciuto fino all’età di otto anni. Di quella via conservo molti ricordi. Il primo è legato al negozio della mia famiglia e poi a tutte le altre botteghe che la animavano. Le frequentavo con mia mamma che mi portava per mano: in macelleria, dal fruttivendolo, al negozio di alimentari, dal barbiere… e nel bar sottocasa. Ed è proprio lì, in quel bar, che mi innamorai del profumo di caffè e della confusione dei frequentatori. Il bar all’angolo, così lo chiamavo da bambino, tra pochi giorni compirà settantacinque anni e io voglio raccontarvi del suo fondatore, Oliviero Sezzi.

Sono nato a Latina in via Emanuele Filiberto e i primi ricordi della fanciullezza sono proprio quelli della casa dove ho vissuto i primi otto anni della mia vita. Ogni tanto mi tornano in mente i piccoli spazi di quell’abitazione: la stanza dei miei genitori, il saloncino, la piccola cucina, il balconcino e il corridoio dove mio padre aveva ricavato una stanzetta per me e mia sorella. Ricordo ancora l’odore di quella casa, come ricordo le sirene delle ambulanze dirette al pronto soccorso del vecchio ospedale, dove ora c’è un grande parcheggio.

Quando mi affacciavo, a destra potevo vedere il negozio della mia famiglia, al centro l’hotel Europa e a sinistra l’angolo del bar Sezzi, dove mio padre mi mandava  a comprare le sue sigarette e io mi sentivo già grande. Ricordo la gentilezza di quel signore, il proprietario del bar che mio padre conosceva bene. Si chiamava Oliviero Sezzi. Devo premettere che questa storia è frutto delle strane coincidenze che spesso mi accadono in questo mio raccontare.

Qualche giorno fa sono passato casualmente da quelle parti e ho deciso di fermarmi per un caffè, perché il primo bar non si scorda mai. Mario, il nipote di Oliviero, mi ha guardato e sorriso. In quel sorriso ho avvertito qualcosa: “Che dici, vogliamo raccontare di tuo nonno?” e lui: “Magari! Anche perché il 1 dicembre il bar compie settantacinque anni”. Sicuramente una casualità, ma non è la prima volta. È già capitato in altre storie di avere queste strane coincidenze.

Anni ’50: il bar ristorante di Oliviero Sezzi, all’angolo tra via Emanuele Filiberto e via IV Novembre

la storia Oliviero Sezzi e il suo tragico destino

Oliviero Sezzi nasce il 14 maggio del 1920 a Vallisnera, un paesino dell’Appennino Tosco Emiliano in provincia di Reggio Emilia. È penultimo di sei figli. I genitori negli anni trenta si trasferiscono nell’Agro Pontino perché assegnatari di un podere dell’Opera Nazionale Combattenti, tra Borgo Santa Maria e Borgo Sabotino. Oliviero già da ragazzino aiuta la famiglia nelle attività agricole, ma lui preferirebbe fare un altro lavoro. da ragazzo conosce Elide Bragazzi, una bella ragazza poco più giovane di lui, pure lei emiliana. Dal 1934 vive con la famiglia in un podere a Borgo Podgora.

Neanche il tempo di innamorarsi e la guerra li divide. Elide, con la sua famiglia, verrà sfollata in Sicilia. Invece Oliviero, verrà inviato in Albania per servire la patria come carrista. Avrà la fortuna di collaborare con i militari di alto grado, e quindi lontano dal fronte. Quando scoprono che sa anche cucinare il fronte sarà ancora più lontano. Dopo la disfatta dell’Italia, Oliviero, con mezzi di fortuna riesce a tornare a Littoria, dalla sua famiglia, dopo tre giorni di viaggio.

Grazie a Dio, Elide e Oliviero sono salvi e così potranno continuare ad amarsi. Nel 1946 si sposano e insieme decidono di aprire una trattoria. Entrambi sono ottimi cuochi e cucineranno specialità emiliane. La trattoria si trova subito dopo Corso della Repubblica, per andare a Campo Boario. Ma Oliviero non è soddisfatto di quella posizione perché il lavoro a Latina si concentra maggiormente all’interno della circonvallazione. Così nel 1947 ottiene la licenza per aprire un bar in via Emanuele Filiberto, ma il locale è troppo piccolo per quello che hanno in mente Elide e Oliviero.

Elide Bragazzi, moglie di Oliviero Sezzi, nel bar dietro il bancone dei tabacchi

Nel 1950, appena pronta la nuova palazzina, all’angolo tra via IV Novembre e via Emanuele Filiberto, trasferiscono il ristorante che diventa anche bar e rivendita tabacchi. Si rivelerà una mossa vincente. Elide si occupa della cucina e Oliviero del bar. Avranno quattro figli, ma il primo morirà neonato. Seguiranno Ilario, Clara e Claudio. Oliviero è una persona affabile, umile, altruista ed è ben voluto da tutti, come sua moglie Elide. È anche grande appassionato di calcio, ed è uno dei dirigenti della squadra del Latina. Il suo ristorante è frequentato da molti giocatori, tra questi Luciano Melloni, idolo dei tifosi negli anni sessanta e settanta.

Elide, instancabile lavoratrice

Oltre alla sua attività, Oliviero si dedica alla distribuzione dei prodotti dolciari della Motta, di cui è concessionario per la provincia di Latina. Intanto i figli crescono e nonostante siano ancora studenti il pomeriggio aiutano i genitori nel bar. Questo permette a Oliviero di dedicarsi alla casetta che ha comprato a Bassiano. Si è innamorato di quel luogo, perché l’aria frizzante gli ricorda i monti della sua terra natia. La vita scorre serena, poi un giorno il figlio Ilario si infortuna a giocare a pallone. È una brutta distorsione e dovrà essere operato a Roma. Oliviero va spesso a trovarlo.

Una delle ultime immagini di Oliviero Sezzi nel suo bar

Fine novembre1981: Oliviero insieme alla sua prima nipotina Erminia vanno a trovare Ilario, ancora ricoverato a Roma dopo l’operazione. È già buio, quando sta percorrendo con la sua macchina la statale 148 Pontina per tornare a Latina. All’altezza di Campoverde una macchina, all’improvviso, gli taglia la strada per entrare in una via privata. Oliviero tenta una frenata impossibile e con il braccio destro blocca Erminia per attutirle l’impatto. Le cinture di sicurezza non esistono ancora. Lo scontro è violento. Per fortuna la nipotina è illesa, mentre lui, per l’impatto contro lo sterzo, lamenta un forte dolore al petto.

Al pronto soccorso di Latina gli diagnosticano solamente alcune costole incrinate e lo mandano a casa. Ma i dolori dopo una decina di giorni non passano ancora. La figlia Clara decide di portarlo in ospedale, ma al San Camillo di Roma. Lì si accorgono che nel violento impatto, Oliviero ha riportato conseguenze molto più gravi rispetto a quanto diagnosticato all’ospedale di Latina. Il 15 dicembre del 1981, dopo sei giorni dal ricovero, Oliviero muore per aneurisma dell’aorta addominale.

Clara, la figlia di Oliviero

Mi dica qualcosa di suo padre

“Se dico qualcosa di mio padre, devo nominare anche mia madre, perché sono stati dei genitori esemplari. Non li ho mai sentiti discutere, mai un litigio. Noi figli abbiamo vissuto in una famiglia serena. Andavamo a lavorare al bar già da ragazzini non perché ce lo imponessero, ma per il piacere di stare insieme a loro. Mio padre non aveva avuto la possibilità di studiare, però era geniale. Purtroppo se n’è andato troppo presto e non si è potuto godere una meritata pensione dopo anni di sacrifici”

Quali insegnamenti vi ha lasciato?

“L’educazione, il rispetto per il prossimo e, da buon emiliano, l’altruismo”

Di sua mamma cosa mi dice?

“Mia mamma era una instancabile lavoratrice. In tutte le attività di mio padre ha avuto un ruolo determinante. Insieme hanno formato una coppia perfetta. Cosa rara oggi, ma rara anche allora”

Clara Sezzi con il marito Pietro Bove, che hanno preoseguito l’attività avviata da Oliviero

Mario Bove, con orgoglio, prosegue l’attività del nonno

Mario, il 1 dicembre festeggerete il settantacinquesimo anno di attività, e per una città che compirà novant’anni non è cosa da poco. Che effetto ti fa?

“Sono emozionato perché rappresento la terza generazione di questo bar”

 Dopo la morte di tuo nonno come è proseguita l’attività e come è arrivata a te?

“Mia mamma e i miei zii l’hanno portata avanti insieme per un po’ di tempo. Poi noi figli siamo cresciuti e i nostri genitori decisero, serenamente, di separare le attività. Il bar lo prese mia mamma Clara insieme a mio padre Pietro e il ristorante mio zio Claudio, che lo ha poi trasformato in sala giochi. Oggi la conduce mio cugino Oscar. L’altro mio zio Ilario, invece, da giovane fece una scelta diversa, andò a lavorare al ministero dei trasporti, nella direzione generale dell’aviazione civile, che oggi si chiama ENAC. Solo il sabato andava a dare una mano al bar”

Certo questa via è notevolmente cambiata da come la ricordo io. Come ti sei adeguato a questo cambiamento?

“Quando aprì mio nonno, in questa via, c’era un notevole passaggio di persone. Di fronte avevamo l’ospedale che poi divenne scuola. Alla fine buttarono giù tutto e invece di costruire la famosa biblioteca Stirling, che per noi sarebbe stata una mano santa, ci fecero un grande parcheggio, oggi tenuto pure in pessime condizioni. Noi cerchiamo di difenderci con la qualità delle colazioni e, nell’orario di pranzo, con la tavola calda. Apriamo molto presto: alle 6 siamo già operativi, ma il pomeriggio la chiusura l’abbiamo anticipata perché non vale la pena stare aperti, qui intorno c’è il deserto”

 Vi ho raccontato la storia di una bella persona che ha contribuito alla crescita economica e sociale della nostra città… poteva dare ancora molto. Ma, purtroppo, non aveva fatto i conti con il destino e con quella strada chiamata Pontina che continua a mietere vittime.