Vincenzo Maione, il primo armiere di Littoria

Vincenzo Maione, il primo armiere di Littoria

11 Dicembre 2022 0 Di Emilio Andreoli

Quando riesco a scoprire un’attività di Littoria appena fondata mi emoziono. È già accaduto quando ho scoperto e raccontato il primo bar, il primo ristorante, la prima barberia, la prima pensione, la prima pasticceria, il primo pescivendolo, il primo gelataio, il primo gioielliere, il primo giornalaio… ed altre ancora che adesso mi sfuggono. Per me è come entrare in quella città appena costruita, e girarla nelle sue strade asfaltate ancora polverose. Immagino di addentrarmi in quelle botteghe, spulciare le mercanzie e parlare con quei personaggi conosciuti attraverso le foto, che poi vi ho raccontato. In questa nuova storia, cercherò di farvi sentire l’odore della polvere da sparo che aleggiava nella bottega di Vincenzo Maione, la prima armeria di Littoria.

In ogni racconto che scrivo, ho la sensazione di vivere realmente lo spaccato di vita narrato. Ora che ci avviciniamo ai novant’anni della nostra città, le emozioni si fanno ancora più intense. Anche se vedo poco fermento per un compleanno così importante. Per il 18 dicembre di Latina l’evento più rappresentativo, sarà la riapertura del teatro comunale Gabriele D’Annunzio con un concerto dedicato al maestro Ennio Morricone. Insomma, vivaddio, si torna alla normalità dopo sei lunghi anni di messa in sicurezza.

A me non resta che fare il lavoro che più amo: raccontare la città e le persone che l’hanno vissuta e forse amata più di quanto lo stiamo facendo noi. La storia che vi sto per raccontare ha il sapore della polvere da sparo. Premetto che non amo le armi. Mia zia Liliana, prima di morire, mi chiamò per lasciarmi in eredità le pistole di mio nonno Emilio e del mio bisnonno Pasquale, essendo il primo nipote maschio della famiglia Andreoli. Anche se gratificato dal suo pensiero rinunciai, le dissi di aver paura di maneggiarle anche scariche. Nonostante ciò, la storia dell’armiere Vincenzo Maione mi è piaciuta e commosso nel finale.

Vincenzo Maione, il primo armiere di Littoria

Vincenzo Maione nasce a Roma il 30 aprile del 1907. Figlio di Luigi e Cristina. Luigi ha un’armeria a Velletri, e Vincenzo già da ragazzino inizia a respirare l’odore della polvere da sparo. Quando suo papà decide di non lavorare più e lascia l’armeria a uno dei suoi fratelli, Vincenzo ne sente la mancanza. Così nel 1930, all’età di ventisei anni, per proseguire le orme paterne, apre un’armeria tutta sua a Cisterna di Roma (Oggi Cisterna di Latina).

In quegli anni conosce una giovane ragazza di Velletri. Come tanti romani è andato a passare la domenica ai Castelli, per bere vino e mangiare porchetta, ed è lì che conosce Gina Ferrari. I due ragazzi si innamorano, e dopo un breve periodo di fidanzamento si sposano. Nel frattempo, nell’Agro Pontino si continua a lavorare alacremente per bonificare le terre paludosi. Sta per nascere una nuova città che si chiamerà Littoria. Vincenzo ha fatto più di un sopralluogo, dove sta sorgendo quell’agglomerato urbano, anche se ancora non si sa quale sviluppo avrà.

Gina Ferrari Maione, all’ingresso della prima armeria di Littoria

Ma lui ci crede molto: quella è sempre stata terra di cacciatori e pescatori, ancor prima della bonifica. Ha già visto una palazzina in costruzione sul corso principale, dove nelle adiacenze nascerà una piazza con una chiesa. Nel 1933, d’accordo con la moglie, trasferisce l’attività a Littoria inaugurata da qualche mese. L’armeria la apre proprio in quella palazzina che ha visto costruire, dove abita il primo medico della città, il dottor Vincenzo Rossetti. Gina ben presto diventa un punto di riferimento importante nella nuova bottega, sia per i clienti e sia per Vincenzo. Sa lavorare bene la polvere da sparo, e sa preparare con vera maestria le cartucce per i fucili da caccia. I clienti vogliono solo quelle preparate da lei.

il porto d’armi di Gina Ferrari Maione

Vincenzo può ritenersi più che soddisfatto: la città cresce e gli affari vanno bene. Ma poi scoppia la guerra e viene chiamato alle armi. Fortunatamente sua moglie, nell’armeria, se la sa cavare egregiamente da sola. Quando il fronte si sposta vicino Littoria e viene ordinato ai civili di abbandonare la città, Gina è costretta a sfollare a Monticchio, sotto Sermoneta. Finito il conflitto, Vincenzo e Gina sono di nuovo insieme. L’armeria è salva: i cannoneggiamenti americani l’hanno solo sfiorata.

Gina Ferrari Maione con suo figlio Luigi, mentre gioca con un fucile

Il dopoguerra porta loro delle novità. Nel 1948, Gina da alla luce Luigi e Vincenzo costruisce una palazzina in Corso della Repubblica, vicino Piazza del Popolo, dove sposta la sua bottega. La vita scorre tranquilla, ma nel 1963 Gina si ammala e muore. Per Vincenzo e il figlio adolescente, è un duro colpo. Però il destino lo fa incontrare con Iside, una donna milanese che si invaghisce di lui. I due si sposeranno e nonostante Vincenzo si sia ammalato, lei gli rimarrà accanto fino alla fine. Iside manderà avanti l’armeria e si prenderà cura di quell’unico figlio  di Gina e Salvatore, rimasto ormai orfano.

Vincenzo Maione nella sua armeria di Corso della Repubblica

Luigi Maione racconta

Non vedevo Luigi Maione da più di vent’anni, nonostante abitiamo vicini. In linea d’aria circa duecento metri. Questa volta non ho avuto ganci, ho fatto tutto da solo. Passeggiando per Corso della Repubblica mi è tornata in mente la storica armeria Maione, dove ora c’è un negozio di scarpe sportive. Nel giro di pochi minuti ha risposto al mio messaggio inviato tramite Linkedin, un social che frequentiamo entrambi. Ci siamo incontrati nella sua abitazione, sopra il negozio gestito da sua figlia Mariacristina.

Luigi, quando avete chiuso l’armeria di Corso della Repubblica?

“La chiudemmo nel 1999 e poi aprimmo in via Tiziano, di fronte l’ingresso dell’ospedale Santa Maria Goretti. Oggi mia figlia Mariacristina tratta materiale sportivo. Si è specializzata nel settore del Running”

La vostra era un’attività storica. Perché la decisione di abbandonare il centro della città?

“Io e mia moglie Lina, che ha sempre lavorato con me nell’armeria, avevamo capito che la pedonabilità stava diminuendo, già con le prime prove di isola pedonale da parte delle varie amministrazioni. Così decidemmo di spostarci”

Oltre al centro della città avete abbandonato anche la vendita delle armi, come mai?

“Per i troppi impegni di gestione, perché non è facile trattare armi. Nel nuovo negozio decidemmo di toglierle nonostante avessimo ancora la licenza”

Nel negozio storico, cosa trattavate oltre le armi da fuoco? Ricordo che comprai da voi un piccolo coltellino a scatto

“Oltre alle armi da fuoco, trattavamo i coltelli e tutto l’occorrente per la caccia e la pesca. Anche reti, bilance ed esche”

Visto che sei un esperto del settore, raccontami qualcosa sulle origini della caccia e della pesca nel nostro territorio

“La caccia e la pesca nelle paludi pontine veniva esercitata per la sopravvivenza. Dai monti Lepini si scendeva sulla piana per pescare ranocchie e pesci d’acqua dolce, difficilmente si arrivava fino al mare. Per la caccia , le anatre erano il bersaglio più facile. Invece dopo la bonifica le cose cambiarono. Nei canali di bonifica l’acqua era pulita e trasparente. I pesci più comuni erano le rovelle, mentre sul fiume Ninfa si potevano pescare le trote. Per la caccia c’era una varietà infinita di volatili: beccacce, tordi, allodole, storni, beccaccini, folaghe e anatre di tutte le specie.”

Poi cambiò qualcosa? 

“Certo cambiò un po’ tutto con l’industrializzazione e la cementificazione, avvenuta dagli anni cinquanta in poi. Le industrie portarono l’inquinamento dei canali e alla inevitabile moria di pesci. Allora i latinensi scoprirono di avere anche il mare e molti giovani, allora c’erano poche distrazioni, si dedicarono alla pesca. Mentre l’allargamento della città con le nuove costruzioni, portò una notevole diminuzione delle aree di caccia. Era il prezzo da pagare per il progresso”

Torniamo un attimo indietro e dimmi qualcosa di tuo padre

“Mio padre era molto severo, ma anche un grande educatore. Ricordo che quando i genitori portavano i figli a comprare il loro primo fucile, lo pretendevano automatico, ma lui si rifiutava e con autorevolezza gli vendeva quello a un colpo solo. secondo lui più sicuro in mano a chi era alle prime armi. Nessuno aveva il coraggio di controbatterlo”

Te e tuo papà avete avuto accanto delle donne importanti, ti va di raccontare qualcosa di loro?

“Mia mamma oltre a essere molto brava nel suo lavoro era pure una persona dolce e generosa. In armeria venivano persone che vivevano solo di caccia, e a volte erano in difficoltà economiche. Lei sottobanco gli regalava le cartucce. Quando è venuta a mancare ero adolescente e ho sofferto moltissimo. Poi mio padre sposò Iside e per me fu una seconda madre. Quando morì mio padre sarebbe potuta tornare a Milano, ma non lo fece e decise di rimanere. Senza di lei non so come avrei fatto, essendo figlio unico non avevo nessuno su cui appoggiarmi. Mi sarei sicuramente perso. Iside per me è stata fondamentale Poi ho conosciuto mia moglie Lina e nel 1977 ci siamo sposati: anche lei, per me, ha avuto un ruolo importante, sia nel lavoro che, nella vita

E Iside?

“Iside è venuta a mancare nel 1993, e riposa in pace nel cimitero di Latina accanto ai miei genitori”

1977, il matrimonio di Lina e Luigi, a dx Iside

Amo raccontare Latina e le sue storie, dove alla fine scopri sempre qualcosa di straordinario.