La novità del “maso chiuso” della Celentano e il rischio della destra implosiva

La novità del “maso chiuso” della Celentano e il rischio della destra implosiva

21 Settembre 2023 0 Di Lidano Grassucci

Prendo spunto da un articolo di Ernesto Galli della Loggia sulle scelte di governo di Giorgia Meloni pubblicato oggi sul Corriere della sera

In politica – scrive della Loggia – la fedeltà a tutta prova può servire nel momento aspro dello scontro; ma quando invece si tratta di decidere, di organizzare e di agire nell’interesse della collettività, allora serve altro. Servono le competenze, le idee, l’immagine pubblica, le relazioni, le capacità. Serve l’impegno sincero a far parte di una squadra, di un governo appunto: che è cosa diversa da una schiera di pretoriani.

Mutuo questo concetto per Latina. Un mio amico, e compagno, incontrandomi per strada mi dice “sei troppo severo…”. E’ un uomo intelligente e le sue osservazioni non mi lasciano mai indifferente e mi stimolano a pensare. Chi governa un mutamento deve essere capace di comprendere le cose che cambia, prima di farlo, altrimenti non le cambia ma le sostituisce. Se la giunta di Damiano Coletta si chiuse su se stessa, chi gli succede non può fare lo stesso errore altrimenti? Tra 4 anni e mezzo (quasi mezzo anno è gia passato)  verrà “sostituito”.

Nel novembre del 1922  –  richiama della Loggia – il futuro duce si guardò bene dall’assegnare il ministero della Guerra ad Amerigo Dumini o a qualche altro scherano dello squadrismo: lo diede invece al maresciallo Diaz; tanto meno si rivolse a Roberto Farinacci per il ministero dell’Istruzione: chiamò Giovanni Gentile.

Ancor più e meglio De Gaspericontinua -, il quale, pur disponendo nel ’48 di una maggioranza assoluta in Parlamento non chiese a don Sturzo di fare il presidente della Repubblica. Lo chiese al liberale Luigi Einaudi, e allo stesso modo non diede lo strategico ministero degli Esteri a Dossetti o a un suo fedelissimo, lo diede al repubblicano Sforza.

Per scendere a noi: Vincenzo Zaccheo chiamò il socialista liberale Massimo Rosolini  all’urbanistica, Paride Martella nella giunta di centrodestra della provincia diede l’assessorato alla pubblica istruzione ad Achille Campagna di tradizione comunista.

Le fasi di passaggio politico bisognano di aperture politiche, necessitano di critiche politiche, non di conferme dell’ovvio. Non sono severo verso alcuno, mi limito a sottolineare come la chiusura in se stessi, nel confermare le ragioni spesso millantate non fanno vedere i limiti evidenti, non servono.

La politica è, da un lato, analisi delle critiche, dall’altro esercizio del potere.  I gesuiti possedevano la più grande biblioteca marxista del mondo, dovevano conoscere l’avversario per combatterlo. Hanno vinto perché sapevano, gli struzzi con la testa sotto la sabbia scoprono il c….

In questi 4 mesi in Comune a Latina hanno ristretto il campo in un disegno che forse aveva un senso nella fase costruttiva, ora è un limite: è diversa la dimensione del foglio, è cambiato il soggetto da disegnare, la mano dell’artista è meno ferma.

E’ incerto anche il bisogno di certezze: sul direttore generale a 4 mesi dall’insediamento ancora non si decide e una scelta discrezionale, necessariamente discrezionale, è divenuta affare di Stato, quando doveva essere assunzione di responsabilità e scelta veloce.

La giunta più dirigista della città è stata quella di Vincenzo Zaccheo, eppure in quella “direzione-diretta” sono emerse figure figlie di tradizioni diverse che hanno arricchito l’esperienza e non certo offuscato la leadership: penso al cattolico Maurizio Galardo; alla destra estetico-ambientalista e di governo di Maurizio Guercio; al già ricordato socialismo liberale di Rosolini. Vado a memoria breve.

Non cito le giunte di Ajmone Finestra perché quelle, oltre alla personalità del sindaco, avevano un tratto di “egemonia culturale”  ripartire da Littoria, che ne ha fatto esperienze a se stanti, capaci di mutare la percezione stessa della città creando il “mito di littoria” novella Atlantide con Nando Cappelletti nelle vesti di Platone, nella medesima veridicità storica. Un abisso con la mediocrità dei piani particolareggiati, la retorica sui borghi.

Oggi invece? Non c’è traccia di mito, non c’è leadership, non c’è respiro. Come l’illuminazione pubblica sotto i portici… spenta.

 

NOTA A PROVA DI STUPIDO

MASO CHIUSO: Nell’area alpina germanofona e in Alto Adige, il “maso (dal latino mansus) è un’azienda agricola, comprensiva dell’abitazione del contadino, di altri fabbricati, dei terreni – agricoli e forestali – a esso attinenti. Si tratta di un’istituzione diffusa soprattutto nel  Tiroo storico. L’aspetto fondamentale dell’istituto giuridico riguardava anzitutto il dirtto ereditario: il maso chiuso veniva ereditato indiviso dal primogenito maschio, mentre i figli minori potevano scegliere tra un indennizzo o il continuare a vivere assieme al fratello maggiore, come servi agricoli (una situazione analoga a quella dei servi della gleba).