Via Don Morosini è un problema di giardini, Latina ha bisogno di giardini

Via Don Morosini è un problema di giardini, Latina ha bisogno di giardini

19 Ottobre 2023 0 Di Lidano Grassucci

Servono case? Girando per la città vedo vuoti. Si vuoti, spazi dimenticati eppure pensati indispensabili. Scrivo queste considerazioni alla vigilia di discussioni su nuovi spazi da,  urbanizzare. Di questa città parliamo per ere di piani regolatori: Frezzotti e Piccinato sono nomi di urbanisti che sono diventati ere di città. Questa città si definisce per costruito. Credo che al loro tempo i due abbiano fatto il lavoro che serviva, ma oggi è un altro tempo. Oggi non servono spazi per case, ma spazi per vivere non servono pianificatori ma giardinieri.

E le case? Si cercano in un grande progetto collettivo di riappropriazione del costruito che va ridotto, e ampliato il “piantato”. Serve il piantato, il pianificatore urbano va sostituito dal pianificatore del paesaggio. Esistono aree urbane che stravolte dalla dimenticanza diventano non città, ma teatro di povertà. Viale Don Morosini non è uno spazio occupato ma è stato una dimensione abbandonata, dentro un quartiere dimenticato. Hanno chiuso il mercato coperto, hanno mutato funzioni le due gallerie, sono mutati i residenti. Mutando i residenti, cambiando le funzioni, la gente non “passa” più tra i palazzi, quindi servono meno servizi di pulizia, le auto girano di meno e il vuoto si fa voragine e chi cerca spazio lo trova e libero. Piccinto lo immagina popolato, Frezzotti pieno di virgulti militi ma non ci sono ne il popolo, ne i militi. Col mercato coperto c’erano i contadini e i consumatori, ora non ci sono consumatori, non ci sono contadini. Le gallerie erano moderni luoghi di consumo nella città del boom, con l’energia atomica che faceva luce e quasi non si pagava. Ora? Costa la luce, c’è Amazon che di luce ha solo quella dei fanali dei furgoni, i ristoranti sono una bicicletta che gira come una trottola con una borsa termica.

Qui non dobbiamo pianificare spazi da “bonificare” dobbiamo ricucire strappi di città. Il grattacielo Pennacchi era quasi, quasi il Pirellone di una città che un poco si pensava Milano, ora è Corviale verso il cielo. Servono non pianti sui Piccinati morti, sui Frezzotti da resuscitare come fossero Lazzaro, ma una nuova sociologia del vivere. Serve contaminare questo spazio con l’università, riportarci i contadini, pensare ad una invasione di pub. Fare diventare figo ciò che ora è decadente, serve la musica nelle gallerie e la sagra delle ciliegie al mercato annonario.

Se continuiamo a pensare la città come un disegno di muri e non come esperienza di uomini, uccideremo ancora suolo allargando l’orribile periferia al posto di un sublime paesaggio.

La sfida è tutta qui: tra blocchetto e rosa, tra cemento e trifoglio.

Via Don Morosini? Non togliamo le panchine ma mettiamo statue accanto ad ogni panchina e puliamo con mania certosina il passaggio, poi giardinieri a coltivare le rose, poi acqua a non farle seccare. I giardini sono belli da guardare per dormire facciamo un posto per i sogni, senza chiedere il conto, ci sarà spazio per tutti, non l’abbandono di tutti.