Una giornata alla ricerca dei templari di Valvisciolo
29 Ottobre 2023Su suggerimento del figaro-podista Albino, ho scoperto la possibilità di fare un’impresa alla Indiana Jones (de noantri), pure dalle nostre parti, mettendomi alla ricerca del tesoro dei Templari dell’Abbazia di Valvisciolo.
Nell’odierna Abbazia rimangono tanti segnali di quel passato misterioso, come il palindromo (SATOR-AREPO-TENET-OPERA-ROTAS) che è stato trovato su uno dei lati del chiostro ed è una cosa unica per come è rappresentata su quel muro (le lettere sono disposte in cinque anelli circolari concentrici a formare una sorta di bersaglio).
La leggenda del tesoro non è però legata all’attuale Abbazia ma a quella più antica ora abbandonata che sta non lontano, nella valle della Fota.
L’altra Abbazia fu eretta in onore di Santo Stefano e la governarono, per anni, alcuni frati che, pare, fossero soldati Templari che lì custodivano un tesoro, frutto della loro secolare storia.
Raggiungerla è effettivamente non semplice e se qualcuno si fosse voluto difendere da curiosi e predatori non avrebbe potuto scegliere luogo migliore.
Oggi ci si arriva attraverso un sentiero CAI ben segnalato e per nulla impervio che parte dal Ponte La Mola, all’altezza del Poligono di tiro omonimo che di trova sulla strada di Valvisciolo in direzione Bassiano.
Non è proprio un’impresa alla Harrison Ford ma ci vogliono scarpe adatte per arrivare in fondo, perché seppur bassa sempre di montagna si tratta. Le scarpe Superga, quindi, le lascerei a casa.
Il sentiero è praticamente tutto coperto dagli alberi, al punto che sembra di trovarsi nella foresta vetusta di Pescasseroli.
Malgrado la suggestione templare di pericoli non se ne trovano sul percorso, al massimo ci puoi incontrare qualche “cavallaro” del luogo o i cacciatori che si vanno ad infilare nella selva alla ricerca di cinghiali.
Unico suono che ti accompagna è quello che esce dal becco dei pennuti sugli alberi. Va detto che non è proprio breve la traversata.
Prima di arrivare alla sorgente della Fota e, più in alto alla Fonte Rapiglio ce ne vuole, quindi bisogna portarsi acqua al seguito, anche perché di frati caritatevoli non se ne trovano. In verità manco della vecchia Abbazia c’è molto ormai, se non i ruderi che però fanno pensare si potesse trattare di qualcosa di più che una parrocchia di montagna: si vedono
la cisterna per la raccolta dell’acqua, una vasca per l’allevamento dei pesci e i resti del campanile.
Insomma niente templari e niente tesoro.
Anzi no, il tesoro esiste ed è quello che ci è arrivato in dote da questa stupenda terra che lega cinque comunità: Sermoneta, Bassiano, Carpineto Norma e Cori.
Il tesoro sono i sentieri che attraversano i nostri boschi e passano vicino a filiere di viti e ulivi secolari. Sono le strade di terra ed erba che collegano la nostra storia medievale con la nostra origine preromana, mescolando mito e verità.
Sarebbe bello se lo utilizzassimo meglio questo tesoro. Sarebbe bello se i comuni lepini riprendessero in mano l’utopia, un po’ stramba, della Lepinia.
Una regione vera che non ha bisogno di chiedere a capitali “autoproclamate”, perché è già da sola capitale di storia e cultura. Sarebbe bello che i percorsi naturalistici e storici diventassero parte di un unico circuito gestito “insieme” tra più comuni.
Sarebbe bello venissero attrezzate delle aree di parcheggio in cui i forestieri camminatori potessero lasciare le rumorose e puzzolenti auto per poi proseguire da silenziosi bipedi verso storia natura e mistero.
Avremmo già tante “guide volontarie lepine” pronte all’uso.
Avremmo pure di che offrire cibo e vino delizioso, come il Rapiglio della Cantina Montecorvino che si trova proprio all’inizio del percorso templare. Quel nettare rosso lo ha creato Andrea Fiacco, uno che si è laureato chimico ma poi ha fatto l’enologo per la gioia delle nostre gole.
PS A forza di scassare gli zebedei e fare incavolare qualcuno (medaglia al merito per come la vedo io), forse ho un po’ spinto, anche io, verso la possibile restaurazione della pista d’atletica di Sermoneta (se così è, quando sarà manterrò la parola di rendere onore a chi lo merita). Chissà che a rompere i suddetti zebedei qualcuno non si svegli pure sul tesoro dei lepini, magari senza attendere troppi secoli.