Davide doveva farsi uccidere 4/ Daniel Sermoneta “vorrei raccontarvi la storia di Benedetto”. Metzadà shenìt lo tippòl

Davide doveva farsi uccidere 4/ Daniel Sermoneta “vorrei raccontarvi la storia di Benedetto”. Metzadà shenìt lo tippòl

5 Novembre 2023 0 Di Daniel Sermoneta

INTERVENTO DANIEL SERMONETA

Chirurgo

Convegno: Davide doveva farsi uccidere da Golia, Latina circolo cittadino, 30 ottobre 2023/Atti 4

 

Vorrei raccontarvi la storia di un uomo e della sua famiglia.
Una mattina, una mattina come tante di quel periodo orribile – era il 23 marzo del 1943 – un uomo di 39 anni usciva di casa per andare a lavoro; doveva sfamare la sua famiglia, composta da moglie e 5 figli.
Una spiata, poche migliaia di lire – tanto valeva la vita di un italiano ebreo – e tutto cambia; quell’uomo (un civile in abiti da lavoro, non un soldato in divisa) viene arrestato dagli uomini dell’Aussenkommando, agli ordini di Herbert Kappler. Il giorno seguente sarà trucidato alle Fosse Ardeatine insieme ad altri 334 martiri: 10 per ogni tedesco ucciso, questa era la “rappresaglia” per l’attentato di via Rasella.
Quell’uomo, ripeto, aveva cinque figli: i più piccoli erano due gemelli, avevano appena due anni e non ricorderanno mai il proprio padre; uno di quei due gemelli è mio padre, quell’uomo trucidato alle Fosse Ardeatine era mio nonno: il suo nome era ed è Benedetto Sermoneta.
Questo succedeva qui, in Italia, a casa nostra, 80 anni fa. Quando si parla di nazifascismo, spesso, lo si fa come se si parlasse delle Guerre Puniche, di Leonida e dei suoi 300 alle Termopili: invece succedeva l’altro ieri, in casa nostra, a mio nonno.
C’erano i tedeschi, i nazisti, e c’erano gli italiani, i fascisti. Purtroppo molti dei nostri connazionali sono stati protagonisti attivi di quelle atrocità: è un fatto storico con cui bisogna far pace. Ci sono stati Italiani Giusti (e oggi sono tra i giusti di Israele), ci sono stati italiani squadristi e ci sono stati italiani – i più – che hanno voltato il capo dall’altra parte.
Noi ebrei siamo abituati a difenderci, lo siamo da 5784 anni: è vero, siamo sempre all’erta e attenti ad ogni parola, ad ogni sfumatura di significato: sapete perché? Perché siamo da sempre costretti a difenderci.
E’ paradossale che oggi, nel 2023, debba esistere un osservatorio sull’antisemitismo ed è terribile che i fatti di Israele del 7 ottobre scorso abbiano consentito a tanti, troppi, di dissimulare il proprio antisemitismo, spesso presentato subdolamente come antisionismo.
Godiamo della simpatia altrui (nel senso etimologico del sun-pathos, ovvero della cum-passione) quando siamo perseguitati, trucidati, ghettizzati o nel migliore dei casi ostracizzati e derisi. Ma quando ci difendiamo – perché abbiamo imparato bene a farlo – diventiamo indigesti, la stella gialla e il naso aquilino si riaffacciano alla mente dei più: gli ebrei tornano ad essere i giudei, quelli da contenere e da cui tenersi alla larga; quelli da mettere all’indice, quelli pericolosi, diversi…
Ma noi ebrei, come detto, siamo abituati a difenderci¸ siamo un popolo pieno di orgoglio. Molto di voi conosceranno la storia di Masada. Una roccaforte che sorgeva in mezzo al deserto di Israele e che, intorno al 70 d.C., fu assediata dai Romani. Gli ingegneri furono costretti a costruire una vera e propria rampa, una sorta di sopraelevata, con la quale riuscirono ad entrare nella fortezza dopo un lungo assedio;

tuttavia non trovarono nessuno, perché gli abitanti si erano uccisi l’un l’altro (e gli ultimi suicidati) pur di non essere tradotti come schiavi.
E sapete dove vanno a giurare le giovani reclute dell’esercito israeliano? Proprio a Masada, al grido Metzadà shenìt lo tippòl (“Mai più Masada cadrà!”).
Le persone che durante la giornata della Memoria mi inviavano messaggi di affetto e vicinanza sono le stesse che oggi, sulle piattaforme social, espongono la bandiera palestinese: questo è un vero e proprio cortocircuito logico, secondo me.
Il 7 ottobre c’è stato un attacco terroristico nei confronti di civili inermi in quanto ebrei: gli “esseri viventi” che hanno compiuto quegli atti (non riesco a chiamarli “persone”) non gridavano contro Israele, contro i coloni, contro i soldati: gridavano “morte agli ebrei”. Non c’entra la Palestina, non c’entrano i confini, non c’entrano i territori e non c’entra la bandiera della Palestina: c’entra solo l’odio religioso.
Però si condanna Israele, come se il diritto, o meglio il dovere di uno Stato non sia quello di difendere i propri cittadini dagli attacchi esterni, in primis quelli terroristici; questa mattina ho letto una riflessione che mi ha colpito: quando gli Alleati bombardarono Dresda, nel 1945, c’erano 600.000 abitanti. Ne morirono 40.000, certamente non tutti erano nazisti: qualcuno ha mai sostenuto che i bombardamenti alleati fossero crimini di guerra?
E perché, oggi, nei confronti di Israele, dovremmo usare un altro metro di giudizio? Forse proprio perché è
Israele.