Davide doveva farsi uccidere 10/ Paletta: “Diritto e forza sono inscindibili”

Davide doveva farsi uccidere 10/ Paletta: “Diritto e forza sono inscindibili”

18 Novembre 2023 0 Di Alessandro Paletta

Diritto e forza sono inscindibili
INTERVENTO DI Alessandro Paletta

Coordinatore provinciale Udc Latina

Convegno: Davide doveva farsi uccidere da Golia. Latina 30 ottobre 2023 Circolo Cittadino

 

Chi di noi non è a favore della pace? Chi di noi non vorrebbe la fine immediata di ogni forma di belligeranza nel mondo? I bambini non dovrebbero morire di malattia, figuriamoci di morte violenta.
Definirsi pacifisti ci fa sentire meglio, più buoni. Ma non aiuta a comprendere i perché, non aiuta a comprendere le ragioni di chi combatte, non aiuta soprattutto a trovare possibili soluzioni ai conflitti.
Ecco appunto, il conflitto che non è sinonimo di guerra, come porta a far ritenere la semplificazione giornalistica dei termini: in medio oriente in questo momento si sta combattendo una guerra a Gaza (in parte in Cisgiordania e ai confini con il Libano), ma tutta l’area è segnata da perenni conflitti praticamente da secoli, alcuni dei quali più rilevanti intervenuti tra stessi popoli arabi.
Non esiste storia senza geografia: conoscere i fatti e i luoghi di quella parte del mondo aiuta a comprendere tanto cosa stia accadendo, quanto le ragioni di Israele che hanno portato a reagire così duramente ai tragici fatti del 7 ottobre.
Ridurre la questione ad una diatriba tra israeliani (no ebrei) e palestinesi per motivi territoriali è, ad essere benevoli, estremamente limitativo, così come definirei finanche banale continuare a ripetere la litania del “due popoli, due Stati” che sentiamo da oltre mezzo secolo senza alcuna conseguenza concreta.
Lo Stato di Israele è stato, sin dalla nascita, posto al centro di un complesso conflitto per cui si intrecciano questioni geopolitiche, economiche connesse al controllo delle risorse naturali (l’acqua per prima), strategiche. Una matassa che più si cerca di sbrogliare con soluzioni semplici, più si ingarbuglia.


Le religioni sicuramente sono un fattore, ma non il principale che va invece individuato nella irriducibile avversione di alcuni Paesi, l’Iran per primo, manifestato per decenni nei confronti di Israele professandone l’annientamento fisico-politico- geografico.
L’ambizione di vedere rinascere una Grande Persia, una zona di influenza capace di riunire politicamente nazioni che di fatto hanno il controllo di risorse naturali fondamentali per l’economia mondiale, è chiaramente in antitesi con l’esistenza dello Stato di Israele per una serie di ovvie ragioni, prima fra tutte l’essere affine ed alleato all’Occidente.
Hamas è solo un tragico sintomo di quella logica strategico-politica che ha come fine ultimo esclusivamente la distruzione di Israele.
La questione ovviamente meriterebbe un approfondimento molto più completo, ma la tesi che fin qui ho provato a riassumere porta ad una conclusione: in questo momento l’esistenza di Israele e del suo popolo dipende dalla capacità di far comprendere ai nemici che, pur di sopravvivere, gli israeliani giustamente sono disposti a combattere.
Gli attacchi di indicibile disumana violenza portati a termine da Hamas il 7 ottobre sono andati a segno perché Israele sta(va) vivendo uno dei momenti di massima debolezza politica della sua storia, fiaccato da questioni interne e da contingenze internazionali.
Una diversa reazione rispetto a quella posta in atto ne avrebbe significato la sicura fine.
Schierarsi al suo fianco, dunque, significa affermarne il diritto alla esistenza, un diritto peraltro, al di là delle diverse opinioni, sancito dall’Onu sin dal 1947 con la nota Risoluzione 181. Schierarsi al fianco di Israele vuol dire affermarne il diritto alla difesa, anche preventiva in ottica di proporzionalità della risposta rispetto al rischio incombente e immanente di vedersi annientato.
Si vis pacem para bellum. Non ci piace, non è mai auspicabile in linea di principio, ma la Storia insegna. Il pacifismo tout court può essere un apprezzabile stato dell’animo, ma dobbiamo essere sinceri non sarà mai la soluzione a questa o ad altre guerre.
“Diritto e forza sono inscindibili”. Così scriveva nel 1932 un pacifista convinto, l’ebreo Albert Einstein all’amico Sigmund Freud, pure lui di religione ebraica, in uno scambio epistolare sollecitato dalla allora Società delle Nazioni che si interpellava sulla possibilità di liberare l’essere umano dalla fatalità della guerra. Non a caso alle soglie della ascesa al potere del partito nazista in Germania.