Latina, la città dei fantasmi mai nati e delle rose strappate

Latina, la città dei fantasmi mai nati e delle rose strappate

20 Gennaio 2024 0 Di Lidano Grassucci

Metto insieme due cose che, forse, non c’entrano niente. Partecipo al bar poeta al convegni “Latina di Ninfa vestita”. Parla di come forse dovremmo passare dall’idea di “pianificare” il cemento, alle possibilità di piantare le rose.

Intervengono con me, al Bar Poeta, il presidente della fondazione Caetani, Massimo Amodio, Oriana Ciaccio referente del patto per Parco Sana Marco, Raffele Felicielo architetto del paesaggio e Maurizio Guercio. Arrivo all’incontro dopo aver incontrato ruderi della “cultura urbana di Latin”: Intermodale, Key, mercato annonario, Icos, cittadella giudiziaria, ex mattatoio, globo. E neanche una rosa… non ho incontrato una rosa.

Parlano, gli interlocutori con cognizione di causa, con conoscenza delle essenze delle piante, Massimo Amodio parla con suggestione di come Ninfa sia ancora una città, capace di “emettere” profumi, “energia”, viva. E viene dal Medioevo, qui abbiamo già consumato la città della fondazione e non sono neanche 100 anni.

Penso che la scelta sia qui: tra la Storia e la cronaca. Vedo cortei dentro mura sobrie in cui eleggono papi e adunate in cui osannano dittatori. Strade con i fiori e chiese con affreschi a Dio e balconi dove farsi vedere alti anche se si è nani.

E questa città che vive nella vita e non cerca di dimostrare altro che essere se stessa la trovo nel volume di Emilio Andreoli “Latina nei miei racconti” per le edizioni Progetto Futuro. La presentazione è nella sala De Pasquale del Comune di Latina con Annalisa Muzio, assessore comunale, Daniela Cavallo che cura il progetto Latina capitale della cultura 2026, Fabio D’Achille che ha curato la grafica del volume, l’autore e io (Moderava Manuela Gasbarroni) . Un album di famiglia di una famiglia grande come una città, che inizia a farsi consapevole di se stessa e non per quando è fedele alla moda di turno.

Da una parte mancano le rose e le cerchiamo nelle rose di Ninfa, dei parchi cittadini, dall’altro la mancanza di fantasmi che cerchiamo nelle storie che cominciamo a “ricordare”, a “leggere”, a “far conoscere”.

Una città con le rose e i fantasmi, e magari con la banda delle guardie comunali: allora saremo veramente una capitale, di noi stessi che è il titolo più alto che si può.

Cammino per la città, è umido, è freddo ma… è così comodo che mi sento libero. E cosa volete di più?