Il tumore della Celentano, l’umano di una donna davanti a umani consiglieri

Il tumore della Celentano, l’umano di una donna davanti a umani consiglieri

31 Luglio 2024 1 Di Lidano Grassucci

Ogni tanto farsi un giro intorno all’ umanità fa bene. Ci consideriamo immortali, pensiamo che il male sia altrove. Ci sentiamo tutti esentati dalla fine, eppure ogni istante c’è fine intorno a noi.

Invece… Stamane il sindaco di Latina durante il consiglio comunale ha dichiarato il suo percorso dentro un tumore negli ultimi mesi, un problema risolto, ma vissuto.

Faccio tara di altre considerazioni e vado al netto della questione: chi fa politica, chi amministra non si dimette dall’ umano, dal confronto con il dolore, la paura, la vita e la speranza.

Vedere confessare il male è esaltazione di speranza.

Cito sempre una invocazione che sta nel Dio salve regina che recita  alla Madonna  “ultima speme dei tribulati”. Cioè di noi tutti, perchè siamo tribolati.

Mi immagino il senso della angoscia di Matilde Celentano nel momento della diagnosi, nel percorso.

Mi immagino la sua considerazione che si stava dentro la vita vera e… Il confronto crudo con la fine.

Il sindaco ne parla ai consiglieri e i consiglieri ascoltano da donne e uomini il racconto di una donna. La malattia non ci fa migliori, neanche peggiori ci riporta alle radici della vita finita.

Il potere si trasforma nelle categorie di chi non ha niente, tale e quale. Non ho risparmiato critiche al sindaco, alla sua amministrazione, restano tutte, ma oggi ha parlato una donna che ha attraversato la paura, davanti a donne e uomini che sperano di non averne.

Ci facciamo umani e non è facile in una città in cui l’ umano non era neanche previsto. In consiglio comunale della città nata da “giganti”, “dalla volontà della provvidenza”, ha risuonato la narrazione di un male che fa male. Ecco forse qui si potrebbe superare l’inumanità che è il nostro grande, radicato, male. Per un poco, in questa terribile afa, si è parlato di sudore, di lacrime di vivi e non di nostalgie di morti: speranza e non rancore.