Latina e la “fattura” del falso niente, ma non sentite il rumore della gente
4 Maggio 2019Beh, che dire, ci prova a ripartire. A, manca il soggetto: parlo di Latina. La giornata è plumbea, il manto stradale viscido e le buche non si risparmiano, ma? C’è un ma, passo davanti la Libreria Feltrinelli pieno centro e vedo un fila lunga di ragazzi sul marciapiede, in fila per andare il libreria? Capisco dopo che vanno perché lì c’è Fabrizio Moro, che mi dicono essere un musicista (la prendo per buona io sono rimasto a Alberto Rabagliati), poi passo accanto allòe autolinee vecchie verso via del Lido e ancora fila, inaugurano un negozio di fiori. Mi dico, ma forse… al Morbella c’è Cristina d’Avena, questa la conosco di più, anche se non sarei mai andato ad un evento a vederla. Insomma, saranno cose lievi, ma sono cose come mille altre, perché non è il coperchio (ogni riferimento al sindaco, Damiano Coletta, è voluto) che impedisce alla pentola di bollire anche se quel bollore non si fa vedere, ma sentire sì. Ci prova Latina a non morire di imbecilli nostalgie, di retoriche da chiacchiere che anche al bar sarebbero stanche. Sulla strada vedo cartelli su spettacoli teatrali, domani c’è Gabriele Lavia “I ragazzi che si amano”, al Teatro moderno di via Pio VI. Il cielo è grigio, l’amministrazione di più, ma qualcosa nell’aria si muove
Ma da qualche tempo? difficile scappare,
c’è qualcosa nell’aria che non si può ignorare
è dolce, ma forte e non ti molla mai
è un’onda che cresce e ti segue ovunque vai
Rubo i versi di musica ribelle a Eugenio Finardi, non è vero che a Latina non ci sono “fatti”, non ci sono raccontatori del fatto, che poi si fa fatto, e la fattura sono i giovani che la sera fanno sentire la loro voce dentro la città dei morti, ed essendo voce ribelle non la raccontano i cultori della morte, delle dittature, delle nostalgie.