Intorno ad una intervista, per un grazie ad Alessio Porcu

Intorno ad una intervista, per un grazie ad Alessio Porcu

19 Maggio 2019 0 Di Lidano Grassucci

Distanti perché diffidenti. Il sindaco di Latina Damiano Coletta ed il giornalista Lidano Grassucci si incontrano. Per un’intervista. Che abbatte i muri. Perché così è la buona politica.

Sono le parole che il collega Alessio Porcu mette ad introduzione della mia intervista a Damiano Coletta, sindaco di Latina, che pubblica, con una cortesia oggi rara, sul suo blog alessioporcu.it. La cosa che mi ha colpito è questa idea, difficile da far passare, che le “diffidenze”, sono le paure dei tempi presenti così tristi nella la necessità di purezze che vanno cercate nel mantenere i propri germi di pensiero incontaminati.  Ma contaminandoci.

Certo ci capiamo noi, intendo io e Alessio, che siamo figli di terre di monasteri: dove per salvare la Fede dovevi contaminarti con la filosofia, la tragedia di quegli eretici inconsapevoli che erano i greci. Noi, noi qui nelle terre dei monasteri, della saggezza che si nasconde per necessità, a primavera vediamo germogliare nuove vitalità e i libri di Aristotele anche, anche, abbiamo dovuto salvare, non per credenza, ma per coscienza verso l’umanità. E il creatore se è perfetto e tutto ha creato tale, vale anche per il riso e la commedia.

Per questo sono andato dal sindaco, non per condividere, ma per conversare. Si amici miei, per versare su un medesimo tavolo le parole diverse che dicono il nostro diverso pensare, la fluidità di mille colori del pensare, e il riso, il riso…”il riso uccide la paura, e senza la paura non ci può essere fede”  , sono parole che Umberto Eco mette in bocca a Jorge da Burgos in “Il nome della rosa”, per via della commedia e del riso che ne consegue. Ecco la conversazione ha il rischio del riso, la bellezza del narrare che mischia, che contagia, che fa diversi i conversanti che pure non hanno ceduto neanche di un “attimo” al loro diverso rumore. Racconto, come Alessio, raccontiamo ma con quella terribile malattia che è anche l’eresia di noi stessi e del nostro racconto.

Non mi sono fatto convinto delle cose del sindaco, ma mica ero andato là per questo, ma ho cercato di conversare e di far sentire una voce, che seppur potente, è voce umana e nessuno si senta escluso. Poi ciascuno torni ai propri libri con la voglia di raccontarli anche a chi di libri ne ha letti altri, così sommiamo e non sottraiamo.