Visto da Maria: il mio concerto di Umberto Tozzi

Visto da Maria: il mio concerto di Umberto Tozzi

20 Maggio 2019 0 Di Maria Corsetti

Sì, ci sono andata e mi è piaciuto tanto. Ora posso dirlo. Negli anni ’80 bisognava starci un po’
attenti, ammettere una certa passione per le canzoni di Umberto Tozzi era praticamente
vietato, soprattutto se il Roxy bar era la meta. Al PalaEur (allora si chiamava così) ci si poteva
andare per i Police. L’ipotesi che sette lustri dopo si sarebbero varcati quegli stessi cancelli
per il duo Raf – Tozzi non poteva essere contemplata.
Invece con una automobile diversa e uno spirito più leggero ho percorso i 60 chilometri della
stessa mulattiera di 35 anni fa, quando il concerto era firmato da Sting & co. E credo di non
essere stata la sola ad aver vissuto entrambi gli eventi, almeno a giudicare dall’età. Sarà per
questo che gli effetti luminosi ci sono piaciuti tanto sabato sera. Ora come allora, quando però
l’atmosfera si creava con gli accendini. Che se oggi fai una cosa del genere scatta ogni tipo di
antincendio e sanzione. Allora temo che si potesse anche fumare dentro il PalaEur, ciccando
allegramente a terra. Dagli accendini ai telefonini, che adesso, grazie all’app della torcia, sono
luminosissimi. Certo, ci si deve distogliere dal fare i video, scattarsi i selfie, condividere su
Facebook, Instagram e Twitter. Questo spiega perché non è stato proprio un tripudio di torce,
andava meglio ai tempi dei Nokia basic, quando si accendevano e basta per fare la luce, al
massimo si telefonava a qualcuno per fargli ascoltare un pezzetto di un brano(che non c’erano
i minuti illimitati). Ma è stata una parentesi di pochi anni, lo scivolo dagli accendini ai social.
Come è stato il concerto? Una storia tutta da cantare, mica come quando ti presentano l’album
nuovo e ti fai due palle perché non conosci le canzoni (e devi fingere pure che ti è piaciuto).
Tutti i grandi successi e il pubblico a fare il coro. Che bello, che gioia.
Un concerto dal quale si esce pieni di salute, rinfrancati nello spirito, con l’idea che il mondo è
migliore di come ce lo raccontiamo e che possiamo vivere bene ancora a lungo. Di Tozzi da
qualche decennio si erano perse le tracce, intendo da un punto di vista mediatico, in realtà
ruggiva eccome, e ora eccolo sessantasettenne a fare festa per due ore, insieme a un altro
enne, inteso come sessanta. Loro e il loro pubblico, una gigantesca seduta collettiva di esseri
umani affetti dalla sindrome di Peter Pan senza alcuna voglia di guarirne.