San Lidano e la setinità dei Lilli
20 Maggio 2019C’è stato un simpatico siparietto, su Fb (ma ormai si vive lì), sulla setinità. Sul fatto se io, Lidano Grassucci e un altro Lidano della “diaspora”, Lidano Catuzzi fossimo “autorizzati” a scrivere della statua di San Lidano nel belvedere, per chi si ricorda siamo Lilli piccolo e Lilli grande, gente delle osterie. Ma che saranno ste Osterie? Boh, un mondo antico, un mondo perso, e inutile. Quando Lilli pensava la libertà era tutto nero, nero di lutto infinito. Ma che fa, sono cose che non hanno tanto senso nella società a memoria corta, o senza memoria? Quella idea che chi resta è tutto e chi va via è niente, se non nostalgia personale, è la ragione per cui “si può mettere una statua dove si vuole, tanto anche i posti (come gli andati via) non contano niente”. E’ vero, siamo altrove, non torneremo di certo, la Sezze nostra era fatta di Tette, Za Pippe, Za Marie di maniscalchi, di muli di fughe che al massimo erano il monumento, o di guerre con quelli di Sant’Antonio che se sputi lo raggiungi da dove stavamo noi. E poi ci mettevano sul mulo e ci portavano ad abbeverarli alla fontana di ferro di cavallo, i Lilli erano cavalieri di muli. E pure alla visita di leva, ai Cappuccini, i muli avevano noi per compagni per guerre ipotetiche.
Puzzava di stalla, è vero, la Sezze nostra. Puzzava di lavoro, di beffe, di gente come Stefano i feraro che “combinava” vite, avvitate per sempre, e di sartine che cucivano, cucivano, cucivano capolavori. Era un mondo di persone che facevano il mondo con le mani, e Setta ha inventato la pizza al taglio, da Aristide e Gemì il gelato a 4 gusti e non di più. Ci scuserete se abbiamo ricordato, scusateci tanto, ma capita che nelle vita, ad un certo punto, sto nome pesa. Siamo visibili, e vi assicuro non poco, dove siamo andati, ma ogni volta che ci hanno chiesto “ma come si chiama? Che nome ha?”, noi siamo stati condannati, prima al ricordo, poi all’orgoglio.
Forse per questo ci ha colpito la statua, la sua storia, ma chiediamo venia, siamo è vero di una Sezze morta quella che il vino “sapeva” d’Accroca, e come dice il mio amico Gianni Amaretto, la parte nostra ce la semo bevuta… prosit.
E’ giusto non potemo chiacchierà perchè non semo de qua, o forse semo qua.